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06 Settembre 2024La Procura di Pavia ha aperto un’indagine sui 13 focolai di Peste suina nel suo territorio, con due indagati. Anche se in Lombardia e Piemonte si procede con abbattimenti massivi, l’Unione europea critica l’insufficienza delle misure di contenimento italiane
La Peste suina africana (Psa) continua a colpire gli allevamenti italiani. In provincia di Pavia, la Procura ha avviato un’inchiesta sui 13 focolai registrati, indagando un allevatore e un medico veterinario per presunte violazioni delle norme di biosicurezza. Intanto, oltre 70.000 maiali sono già stati abbattuti tra Lombardia e Piemonte per contenere l’epidemia. Nonostante queste misure, in un recente rapporto della Commissione Europea è stata duramente criticata la risposta al virus dell’Italia, giudicata insufficiente per arginarne la diffusione.
La Procura di Pavia ha aperto un’inchiesta, iscrivendo al registro degli indagati un allevatore e un medico veterinario di Vernate, mentre altre persone sono coinvolte nelle indagini. Tra le ipotesi di reato, ci sarebbe il non rispetto delle norme di biosicurezza e gravi ritardi nella segnalazione dei primi casi. L’ondata di Psa al momento ha provocato ben 13 focolai nel territorio della provincia di Pavia, in altrettanti allevamenti, l’ultimo dei quali è stato individuato ad Albuzzano.
Come ha ricordato pochi giorni fa il Commissario straordinario alla Peste suina Giovanni Filippini, in Italia si contano 24 focolai, di cui 18 in Lombardia, 5 in Piemonte e uno in Emilia-Romagna. Una situazione sempre più critica per quanto riguarda il Nord Italia, dove sono stati abbattuti oltre 70.000 maiali nel tentativo di rallentare la diffusione del virus. Nelle ultime settimane, solo in provincia di Pavia, sono stati abbattuti oltre 50.000, che vanno aggiunti ad almeno altri 15 abbattuti nel novarese.
Quando in un allevamento viene trovato un maiale malato, infatti, la normativa attuale impone l’abbattimento di tutti i capi presenti. Mentre la scorsa primavera l’area più colpita era stata il Piacentino, mettendo in crisi la produzione di molti salumi Dop, ora l’infezione è esplosa in Lombardia, da Pavia a Lodi, Regione in cui si alleva quasi il 50% di tutta la produzione suinicola nazionale.
A complicare la situazione, inoltre, anche i medici veterinari della Lombardia. La FVM regionale ha annunciato lo stato di agitazione a meno che non venga riconosciuto l’impegno aggiuntivo dei professionisti che si prestano ai sempre più numerosi controlli sanitari negli allevamenti.
Un portavoce della Commissione europea ha affermato che la lotta alla Psa è una sfida “estrema e urgente per il mondo intero”, contro cui occorre “applicare tutta la legislazione europea pertinente, in particolare durante la stagione di punta estiva”. La presenza in Europa della malattia “non è solo una minaccia per il settore suinicolo europeo, ma può anche avere importanti conseguenze negative per il nostro ambiente e i nostri ecosistemi, nonché un impatto sull’agricoltura e sul commercio”.
Le misure dell’Italia per controllare la Peste suina, secondo gli esperti dell’Eu Veterinary Emergency Team della Commissione Ue, sono però insufficienti. “La strategia di controllo nel Nord Italia dev’essere migliorata” si legge nel report che hanno elaborato dopo una missione in Lombardia ed Emilia-Romagna. Serve un piano “comune” e “coordinato” per l’intera area, oltre a un “urgente piano B esteso per il controllo e l’eradicazione della malattia” scrivono gli esperti. “L’epidemia sembra avanzare più velocemente delle misure” e “c’è da temere che si diffonda verso est e verso sud”.
Nel resoconto della loro missione (2-4 luglio), condotta nelle aree di Pavia, Parma, Piacenza e lungo l’A15, i tre funzionari – il team leader tedesco Klaus Depner, il lituano Marius Masiulis e il ceco Petr Satran – fanno il punto sull’evoluzione dell’epidemia in Italia, alimentata nel Nord dalla trasmissione nei cinghiali e nei suini domestici. Tra le criticità individuate, il debole coordinamento tra le regioni, le risorse limitate per la sorveglianza, il supporto finanziario insufficiente e i problemi tecnici che accompagnano la costruzione di recinzioni.
L’Eu Veterinary Emergency Team sollecita a un piano “coordinato e armonizzato” nell’area settentrionale, che tenga conto della “complessiva situazione epidemiologica, indipendentemente dai confini amministrativi”. Ridurre la popolazione dei cinghiali a zero attraverso la caccia “sembra un obiettivo difficile da raggiungere” e servirebbe quindi un piano di strategia di caccia “coordinato a livello centrale da un gruppo di esperti per l’intera area endemica”. Inoltre, un maggiore coordinamento viene richiesto anche per la sorveglianza, che dovrebbe essere prioritaria. Infine, anche se misure di recinzione sono “uno strumento efficace per limitare gli spostamenti dei cinghiali”, la loro costruzione è stata ritardata da un “supporto finanziario insufficiente e sfide tecniche”. Infine, sostengono gli esperti, davanti al timore di un’ulteriore diffusione dell’epidemia verso est rispetto alla linea dell’A15 e a sud verso la Toscana “è urgentemente necessario un piano B esteso”.
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