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10 Ottobre 2025Clima, uso del suolo e pressione umana sulla natura aumentano il rischio di nuove epidemie: secondo il Joint Research Centre, oltre il 9% della superficie terrestre è ad alto rischio di malattie come Ebola, Zika e febbre emorragica Congo-Crimea
Il rischio che una nuova pandemia emerga da focolai zoonotici è più concreto che mai. Secondo un nuovo studio del Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea, pubblicato su Science Advances, il 9,3% della superficie terrestre è ad alto o altissimo rischio di epidemie causate da virus come Ebola, Zika e febbre emorragica Congo-Crimea. Le aree più vulnerabili si concentrano in America Latina e Oceania, dove le condizioni climatiche, i cambiamenti nell’uso del suolo e la pressione antropica sull’ambiente stanno creando le condizioni ideali per l’emergere di nuovi patogeni.
Il clima che cambia e l’impatto delle attività umane sulla natura e sull’ambiente aumentano il rischio di epidemie. Uno studio di modellizzazione del JRC mappa il rischio di epidemie in tutto il mondo e individua i territori più esposti e la loro capacità di rispondere. Grazie all’utilizzo dell’apprendimento automatico e a dati satellitari, i ricercatori rivelano che il 9,3% della superficie terrestre globale è ad alto, o molto alto, rischio di epidemia di malattie come Ebola, Zika e febbre emorragica Crimea-Congo, insieme ad altre cinque malattie elencate come prioritarie dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per il loro potenziale nel causare epidemie e pandemie.
In particolare, i risultati indicano che il 6,3% della superficie terrestre globale è ad alto rischio e il 3% ad altissimo rischio, con la maggior parte di queste aree geografiche in America Latina e Oceania. La percentuale di area di ciascun continente ad alto e altissimo rischio di epidemia è maggiore in America Latina (27,1%), seguita da Oceania (18,6%), Asia (6,9%), Africa (5,2%), Europa (0,2%) e Nord America (0,08%). Circa il 20% della popolazione mondiale vive in aree a medio rischio, mentre il 3% della popolazione vive in aree ad alto e altissimo rischio.
Lo studio analizza il legame tra i principali fattori scatenanti derivanti dalle attività umane e il rischio di epidemia delle malattie prioritarie della Who, a eccezione del COVID-19. L’elenco comprende 9 malattie zoonotiche, causate dalla trasmissione di agenti patogeni dagli animali all’uomo.
Le attività umane e la pressione che esercitano sul clima e sull’ambiente determinano l’insorgenza di malattie in modi molteplici e complessi. Lo studio suggerisce che le condizioni climatiche, tra cui l’aumento delle temperature, i livelli di precipitazioni annuali più elevati in alcune aree e la carenza idrica in altre, aumentano il rischio di epidemie. Inoltre, i cambiamenti di uso del suolo, gli insediamenti umani in prossimità delle aree boschive, l’aumento della popolazione e della densità del bestiame, nonché la perdita di biodiversità, sono tutti fattori che contribuiscono a questo rischio.
Lo studio conferma anche che la densità di popolazione rimane un fattore dominante nell’amplificazione del rischio, superando il contributo di altri fattori individuali. Infine, i risultati evidenziano l’ampio potenziale delle politiche ambientali, come le pratiche di uso sostenibile del suolo e gli sforzi di conservazione, per ridurre il rischio di pandemia.
Oltre a mappare il rischio, lo studio fornisce un indice di rischio epidemico che confronta il rischio specifico di ciascun Paese con la sua capacità di rispondere alle minacce zoonotiche. L’indice, che combina il rischio massimo di insorgenza di un’epidemia con i dati specifici per Paese sulla risposta agli eventi zoonotici, colloca Papua Nuova Guinea e Repubblica del Congo ai primi posti.
Gli autori sottolineano la necessità di approcci integrati che combinino adattamento climatico, gestione sostenibile del territorio e preparazione alla salute pubblica. Poiché le minacce zoonotiche continuano a emergere, i risultati dello studio forniscono preziose informazioni che possono orientare gli sforzi per prepararsi e rispondere a potenziali epidemie, contribuendo a ridurre il rischio di future epidemie.
Fin dalla sua istituzione, l’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (HERA) della Commissione europea ha lavorato attivamente per garantire la disponibilità e l’accesso a contromisure mediche (MCM) a prezzi accessibili.
Una particolare attenzione è rivolta alle minacce prioritarie sensibili al clima identificate nello studio del JRC, tra cui minacce virali come Ebola, Zika e febbre emorragica Congo-Crimea, la cui diffusione geografica e la cui comparsa sono sempre più determinate dai cambiamenti climatici.
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