One Health
29 Giugno 2022 Contesti locali peculiari, con una forte presenza di culti e credenze potrebbero ostacolare l’attuazione di piani di prevenzione ed eradicazione della rabbia. Le evidenze di uno studio sulla dea indù Hadkai Mata, venerata come Madre della rabbia.
La rabbia costituisce un'importante preoccupazione per la salute pubblica e provoca circa 59.000 morti umane, con l'onere più alto che ricade sui poveri delle zone rurali dell'Asia e dell'Africa. Basato sul concetto di One Health che riconosce l'interdipendenza tra la salute umana e quella animale, il piano strategico globale per porre fine alle morti umane dovute alla rabbia mediata dai cani entro il 2030 ("Zero by 30") consiste nel vaccinare i cani per fermare la trasmissione alla fonte, fornendo profilassi post-esposizione (PEP), e nell’aumentare la consapevolezza della comunità sull’importanza della prevenzione. Tuttavia, l’applicazione di questi protocolli non può mai avvenire in maniera automatica, in quanto in ciascuna delle aree endemiche si è chiamati ad affrontare sfide peculiari, calate nelle realtà territoriali. Pena uno scollamento tra ricerca e politica, che porta all’adozione di strategie non specifiche e fuori contesto. Un esempio calzante di come a livello locale la conoscenza della rabbia canina e umana sia strettamente correlata a luoghi di culto e guarigione viene fornito dalla regione del Gujarat, nell'India occidentale. Qui, quando un cane morde un uomo o il bestiame, la popolazione delle caste più basse si rivolge alla dea indù Hadkai Mata, venerata come Madre della rabbia. E’ evidente come questa convinzione – e il culto correlato – potrebbero influenzare gli atteggiamenti e i comportamenti delle persone nei confronti della prevenzione della rabbia (e quindi anche di eventuali piani strategici attuati a livello istituzionale), ma fino ad oggi il meccanismo non è mai stato approfondito. Di recente, uno studio ha cercato di affrontare il tema attraverso 31 interviste a guaritori e personale dei templi di Hadkai Mata. L’idea era quella di individuare convergenze e divergenze rispetto al Piano d'azione nazionale per l'eliminazione della rabbia mediata dai cani (NAPRE).
In particolare, ci si è posti le seguenti domande:
Quale conoscenza sulla rabbia viene costruita e/o diffusa collettivamente nei templi di Hadkai Mata?
Cosa fanno i credenti di questa divinità quando vengono morsi da un cane, e perché?
Qual è l'opinione degli operatori sanitari tradizionali sulla vaccinazione del cane (che non è mai stata fatta prima su larga scala nell'India rurale), e perché?
Le prime evidenze emerse suggeriscono che l'eziologia della rabbia umana come malattia sociale è solitamente spiegata come il desiderio della dea di correggere le persone che si comportano male e di ripristinare relazioni interpersonali positive. Una credenza diffusa è, infatti, quella secondo la quale Hadkai Mata curi la rabbia in pazienti che abbiano realmente maturato un opportuno processo di crescita morale. Tra le principali difficoltà all’accesso alle cure è emersa la suddivisione in caste, che porta gli operatori sanitari ad adottare una certa selettività nella somministrazione della profilassi. D’altro canto, è pure stato messo in luce un certo apprezzamento per i processi biologici di infezione che portano alla rabbia come malattia fisica, per cui una profilassi post-esposizione convenzionale è piuttosto ben tollerata. Un dato, questo, che potrebbe fornire un solido punto di partenza per consolidare e ampliare l'accesso alla vaccinazione.
"Where Rabies Is Not a Disease. Bridging Healthworlds to Improve Mutual Understanding and Prevention of Rabies" Deborah Nadal, Katie Hampson, Tiziana Lembo, Rebecca Rodrigues, Abi Tamim Vanak and Sarah Cleaveland . https://doi.org/10.3389/fvets.2022.867266
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