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09 Giugno 2022

A proposito di zoonosi: parliamo di rabbia, virus ingannatore

Torna sotto i riflettori la rabbia, anche alla luce dell’emergenza Ucraina. L’aggressività non è l’unico sintomo dell’infezione, attenzione anche a letargia, paralisi flaccida e vocalizzi anomali. In un video spiegata la sintomatologia.


A proposito di zoonosi: parliamo di rabbia, virus ingannatore

La rabbia – encefalomielite fatale di origine zoonotica, con un tasso di mortalità del 100% dopo lo sviluppo dei sintomi – è conosciuta fin dall’antichità.

E’ causata dai virus neurotropi Lyssavirus rabies e dalle 16 specie di virus rabbia - correlati, che insieme costituiscono il genere Lyssavirus, famiglia Rhabdoviridae, ordine Mononegavirales.

Come precisato dalla professoressa Alessandra Mazzeo dell'Università degli Studi del Molise in un webinar organizzato dall'Ordine dei Biologi, i Lyssavirus presentano una grande varietà genetica (sono stati individuati 321 genomi). La malattia viene trasmessa attraverso il morso di animali infetti che diffondono il virus con la saliva. Il virus entra nell'organismo attraverso l'inoculazione transdermica o il contatto diretto di materiale infettivo (come. saliva, liquido cerebrospinale, tessuto nervoso ecc.) con mucose o lesioni cutanee. 

È generalmente accettato che i pipistrelli siano i veri ospiti serbatoio primari di quasi tutti i lyssavirus. Da essi il virus viene sporadicamente trasmesso agli animali domestici e all'uomo. Sebbene la trasmissione della rabbia dei pipistrelli ai mammiferi terrestri sia un incidente raro, è stata registrata qualche occorrenza, tra quelle di recente assurte agli onori della cronaca ricordiamo il caso di spillover nel gatto di Arezzo. Ad oggi i chirotteri sono tutelati, ma devono essere tenuti sotto stretta sorveglianza, proprio a causa di questa loro propensione ad essere serbatoi di incubazione della rabbia, così come previsto dall’Animal Health Law del 21-04-2021.

“I Lyssavirus sono stati associati a specifici ospiti mammiferi mesocarnivori – spiega Alessandra Mazzeo – come la volpe, il procione, la mangusta, il lupo e lo sciacallo per quanto afferisce al ciclo silvestre, e cani, suini, ruminanti e gatti nell’ambito del circuito urbano. Essi vengono considerati reservoir principali, in quanto mantengono indipendentemente il ciclo dell’infezione, che possono poi trasmettere ad altri animali e all’uomo”. Tra i reservoir carnivori, il cane domestico è responsabile di oltre il 90% di tutti i decessi umani per rabbia nel mondo.

I sintomi negli animali 

Sulla rabbia va sfatato il mito principale: l’estrema aggressività del soggetto infetto. Non sempre, infatti, tale sintomo è evidente, ne deriva che spesso si possa non comprendere di essere in presenza di un animale contagioso. Con le inevitabili conseguenze. Attenzione, perciò, anche alla sintomatologia meno evidente, tipica di un virus infido. Ipersalivazione, vocalizzi anomali, disfunzione dei nervi cerebrali e cranici, atassia, debolezza, paralisi, convulsioni, difficoltà respiratorie, difficoltà a deglutire, comportamento anomalo e aggressività. Se è vero che alcuni animali rabbiosi tendono a mordere qualsiasi cosa in modo aggressivo, è vero pure che altri sono sonnolenti: è dunque evidente come i segni clinici della malattia – sempre più aspecifici - possano variare notevolmente da un animale all'altro. Quanto all’idrofobia, riscontrabile nell’uomo, nel cane invece non è tra i segni manifesti.

E’ pertanto buona norma nel momento in cui ci si trovi in presenza di un caso sospetto allertarsi immediatamente. Se si avessero dubbi in merito alla definizione di caso sospetto – spiega Mazzei – ci soccorre la definizione fornita dall’OIE: “Ai fini della sorveglianza della rabbia un caso sospetto è un animale suscettibile che mostra qualsiasi cambiamento nel comportamento seguito da morte entro dieci giorni o che presenta uno qualsiasi dei seguenti segni clinici: ipersalivazione, paralisi, letargia, aggressività anormale, vocalizzazione anormale (art 8.14.12.1 del Terrestrian Animal Health Code)”.     



Importazione del virus

In paesi dove il virus è stato eradicato, il rischio di contagio può derivare dall’importazione di animali infetti da Paesi terzi o da viaggi di proprietari con i propri pet in paesi dove la rabbia è endemica. La rabbia è evitabile tramite profilassi pre esposizione e post esposizione (vaccino). In Europa la rabbia è oggi prevalentemente silvestre, con specie selvatiche che rappresentano circa l'80% di tutti i casi di rabbia. Di questi, oltre l'80% sono volpi rosse (Vulpes vulpes). In passato, si è ricorso a metodi convenzionali di controllo della rabbia delle volpi come l'abbattimento intensivo o la cattura, ma in questo modo si otteneva solo un vuoto biologico che veniva spesso colmato da esemplari infetti provenienti da aree infette confinanti. Si ricorse allora alla vaccinazione antirabbica orale (ORV) -spiega la dottoressa Alessandra Mazzeo - un progetto che la vide in prima fila insieme al Parco Nazionale d’Abruzzo. In seguito a tale campagna, e nonostante una recrudescenza dell’infezione nel 2008, dal 2013 in Italia è stata ufficialmente riconosciuta indenne al virus.  

I rischi provenienti dall’Ucraina

Visto che parliamo di una zoonosi, è giusto affrontare il tema della rabbia anche alla luce dell’attuale emergenza ucraina, che ha visto coinvolti anche gli animali domestici. L’Ucraina, infatti, è il paese europeo a più alto tasso di rabbia silvestre e con il più elevato numero di casi umani a causa di un randagismo mal controllato, di una copertura vaccinale bassa (sia nel ciclo silvestre che in quello urbano) e delle frequenti incursioni di animali randagi contro quelli domestici. Come sappiamo, i proprietari sono stati facilitati nell’espatriare insieme ai propri animali con apposite deroghe, ma l’alert sanitario è stato alzato e un niet è stato pronunciato a proposito dell’ingresso degli animali dei rifugi. Il dubbio è che il divieto sia stato aggirato e che un’introduzione irregolare di animali non controllati possa essere stata effettuata, magari con adozioni a cittadini ignari. La criticità già espressa qualche settimana fa dalla dottoressa Paola Dall’Ara nel corso del convegno "Ora più che mai. United against rabies", trova eco anche nelle parole di Mazzeo che ritiene fondamentale ribadire la necessità di controlli serrati e di una prevenzione capillare, specialmente alla luce dell’attuale emergenza. In chiave One Health, dove il benessere di ciascuno è strettamente connesso alla salute del pianeta, il monitoraggio costante delle zoonosi si conferma un fattore di vitale importanza.

TAG: RABBIA, UCRAINA, ZOONOSI

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