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17 Ottobre 2025Uno studio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie rileva la presenza di otto specie di pipistrelli negli allevamenti suinicoli del Nord Italia. Identificate tre nuove specie di coronavirus

Un’ampia indagine condotta dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IzsVe) ha individuato la presenza di almeno 8 specie di pipistrelli all’interno di 14 allevamenti suinicoli del Triveneto, rilevando inoltre tre nuovi coronavirus (CoV) nei chirotteri. Lo studio, pubblicato su Plos One e condotto insieme a università italiane e internazionali, mette in luce la complessa interazione ecologica tra pipistrelli, suini e virus e la necessità di rafforzare le misure di biosicurezza all’interno delle aziende suinicole per prevenire potenziali fenomeni di spillover.
I pipistrelli sono riconosciuti come serbatoi naturali di diversi CoV, da alcuni dei quali possono essersi evolute specie virali pericolose per l’uomo e gli animali domestici, come il SARS-CoV-2 o il virus della diarrea epidemica del suino.
I ricercatori dell’IzsVe hanno condotto uno studio per valutare i fattori di rischio per la trasmissione di virus dai pipistrelli ai suini, usando come caso studio i CoV in alcuni allevamenti dell’Italia settentrionale. Lo studio è stato realizzato nel progetto europeo ConVErgence, con la collaborazione dell’Università La Sapienza di Roma, Università di Padova, Università di Bari, Università del Sussex (UK) e Coop. STERNA di Forlì.
“L’interfaccia fra animali selvatici, animali domestici ed esseri umani, rappresenta un confine molto labile dove possono emergere malattie infettive a carattere epidemico”, spiega Stefania Leopardi, veterinaria dirigente e supervisore della ricerca. “Sappiamo che gli allevamenti suini rappresentano possibili ‘hotspot’ per la diffusione e la comparsa di varianti ricombinanti potenzialmente pericolose per gli animali o l’uomo. Per questo motivo, l’identificazione di nuovi coronavirus è fondamentale per valutare il loro adattamento nel suino e nell’uomo, ma è altrettanto importante cercare di comprendere i fattori di rischio che possono favorire i fenomeni di spillover nelle specie animali.”
Il team di ricerca ha adottato un approccio multidisciplinare One Health, combinando indagini ecologiche, modellistica ambientale e virologia molecolare.
Nella prima fase, il monitoraggio bioacustico in 14 allevamenti suinicoli del Triveneto ha permesso di identificare 8 specie di pipistrelli, tra cui Pipistrellus kuhlii, P. pipistrellus e Hypsugo savii, come più diffuse e attive.
L’analisi del paesaggio e delle strutture aziendali ha permesso di identificare i fattori che influenzano maggiormente l’attività dei pipistrelli. È emerso che gli allevamenti con strutture in grado di attrarre insetti registrano un’intensa attività dei pipistrelli, mentre l’habitat circostante incide in misura minore sulla ricchezza delle specie.
Parallelamente, le analisi virologiche hanno portato alla scoperta di tre nuove specie di CoV, rilevate in P. kuhlii e H. savii, di cui è stato ottenuto il sequenziamento completo del genoma.
Tra le specie di pipistrello più comuni, è stata osservata una circolazione attiva di CoV in P. kuhlii, anche in colonie situate all’interno delle aziende suinicole, con l’identificazione di due specie distinte di CoV in questi pipistrelli. I CoV sono stati rilevati durante tutta la stagione di attività dei pipistrelli, con picchi a maggio e ad agosto, e in alcuni casi sembrano essere condivisi tra specie diverse di pipistrelli (P. kuhlii e H. savii), aumentando ulteriormente il rischio di ricombinazione genetica.
Lo studio sottolinea un duplice aspetto: da un lato, gli allevamenti suinicoli possono fungere da oasi per la conservazione dei pipistrelli, offrendo habitat e fonti alimentari in aree rurali caratterizzate da agricoltura intensiva. Qui i pipistrelli possono svolgere un servizio ecosistemico di controllo degli insetti dannosi, anche contribuendo alla riduzione dei pesticidi. Dall’altro, la mancanza di barriere fisiche e l’applicazione disomogenea delle pratiche di biosicurezza possono aumentare il rischio di esposizione a virus zoonotici.
CITATI: STEFANIA LEOPARDISe l'articolo ti è piaciuto rimani in contatto con noi sui nostri canali social seguendoci su:
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