Alert sanitari
06 Maggio 2024Un texano impiegato nel settore lattiero-caseario è stato il primo caso umano collegato al virus H5N1 diffuso tra i bovini negli Usa. I sintomi che ha riscontrato sono stati una congiuntivite con emorragia a entrambi gli occhi, senza compromissione della vista
Gli esperti del Cdc (Centers for Disease Control and Prevention) di Atlanta, del Texas Department of State Health Services, del Texas Tech University Bioterrorism Response Laboratory di Lubbock e del Texas Department of State Health Services di Austin hanno inviato una lettera all’editore al New England Journal of Medicine descrivendo il primo caso umano collegato all’epidemia di influenza aviaria H5N1 che si è diffusa tra i bovini da latte negli Stati Uniti. L’uomo, un impiegato in un’azienda lattiero-casearia texana, un mese fa ha avuto una congiuntivite con emorragia a entrambi gli occhi, senza compromissione della vista.
Il caso
Gli autori della lettera partono da una premessa: “Infezioni umane sporadiche da virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (Hpai) A(H5N1), con un ampio spettro di gravità clinica e un tasso di mortalità cumulativo superiore al 50% sono state segnalate in 23 Paesi in più di 20 anni. I virus Hpai A(H5N1) appartenenti al clade 2.3.4.4b si sono diffusi estesamente tra gli uccelli selvatici in tutto il mondo a partire dal 2020-2021, provocando epidemie nel pollame e in altri animali”.
Recentemente, però, questi virus sono stati identificati in vacche da latte e in campioni di latte non pastorizzato in diversi stati Usa. Anche in un uomo è stato segnalato “un caso di infezione da virus Hpai A(H5N1)”. Il paziente in questione, “alla fine di marzo 2024 ha manifestato arrossamento e fastidio all’occhio destro”. Al primo esame medico, nell’occhio “sono stati notati emorragia sottocongiuntivale e drenaggio sieroso”. Gli esperti sottolineano che i suoi altri parametri erano stabili: respiro normale, saturazione 97%, polmoni puliti, niente febbre né sintomi respiratori, nessuna alterazione della vista o altro.
“Il lavoratore non ha riferito alcun contatto con uccelli selvatici, pollame o altri animali malati o morti”, ma ha parlato di “un’esposizione diretta e ravvicinata con bovini da latte che sembravano stare bene e con altri che invece mostravano gli stessi segni di malattia delle vacche di altri allevamenti, nella stessa area del Texas settentrionale, con infezione confermata da virus Hpai A(H5N1)”. Stando al suo racconto, “quando lavorava con gli animali indossava i guanti, ma nessuna protezione respiratoria o oculare”.
Il paziente è stato quindi sottoposto a tampone, con il prelievo di campioni congiuntivali e nasofaringei. I risultati di entrambi erano “presuntivi per il virus dell’influenza A e A(H5)”; pertanto, gli è stato raccomandato l’isolamento domiciliare e gli è stato somministrato farmaco antivirale “oseltamivir orale (75mg 2 volte al giorno per 5 giorni)”.
“Il giorno dopo il paziente non ha riferito alcun sintomo, tranne un fastidio a entrambi gli occhi” riportano i medici che, alla rivalutazione, hanno rilevato “emorragia subcongiuntivale in tutti e due gli occhi, senza compromissione della vista. Nei giorni successivi il lavoratore ha riportato la risoluzione della congiuntivite, senza sintomi respiratori, e i contatti familiari sono rimasti in buona salute”.
Le analisi
Dall’analisi dei tamponi, il Cdc ha confermato l’infezione da virus Hpai A(H5N1): l’analisi dell’Rna virale ottenuto dal campione congiuntivale “ha confermato che il virus apparteneva al clade 2.3.4.4 b (genotipo B3.13)”; “l'isolamento del virus dai campioni congiuntivale e nasofaringeo ha prodotto un virus identico”. Tutti i segmenti genetici esaminati, infatti, “risultavano strettamente correlati ai virus rilevati nei bovini da latte del Texas e ad altri virus con genotipo B3.13 rilevati negli uccelli selvatici in Texas nel marzo 2024”.
I dati genetici specifici relativi al virus che presumibilmente circolava nell’allevamento dove lavorava l'uomo “non erano disponibili per l’analisi”. Le sequenze virali provenienti da bovini e dal paziente “mantenevano principalmente caratteristiche genetiche aviarie”, senza che nel gene dell’emoagglutinina (un recettore presente sulla superficie virale) siano stati evidenziati “cambiamenti che avrebbero influenzato la specificità di legame” a recettori “localizzati principalmente nel tratto respiratorio superiore umano” e di conseguenza “il rischio di trasmissione all’uomo”.
Il virus identificato nel paziente presentava una “mutazione, PB2 E627K, che è stata associata a un adattamento virale a ospiti mammiferi e individuata precedentemente in uomini e altri mammiferi infettati da virus Hpai A(H5N1) o da altri sottotipi virali di influenza aviaria, inclusi A(H7N9) e A(H9N2)”.
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