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30 Luglio 2024Come diagnosticare la gengivostomatite cronica felina e in che modo trattarla? Dalle cause alle opzioni di trattamento, tutte le strategie per alleviare il dolore e migliorare la qualità della vita dei gatti che ne sono affetti
La Gengivostomatite cronica felina (FCGS) è una patologia molto dolorosa e complessa, che colpisce spesso i gatti e rappresenta una sfida significativa per i medici veterinari. Con una patogenesi ancora non del tutto chiara, questa malattia cronica coinvolge una risposta immunitaria esagerata ai batteri della placca, portando a infiammazione e ulcere nella cavità orale dei felini. Dalla diagnosi alle varie opzioni di trattamento, che includono l’estrazione dei denti e le terapie immunosoppressive, il dottor Fabio Procoli nel volume Gastroenterologia del gatto esplora le strategie più efficaci per alleviare il dolore e migliorare la qualità della vita dei felini colpiti.
La gengivostomatite cronica felina (FCGS) è una condizione cronica multifattoriale che esita in un’infiammazione dolorosa della mucosa gengivale e non gengivale, in particolare nelle pliche palatoglosse della cavità orale.
Sebbene la patogenesi della FCGS sia ancora sconosciuta, si ipotizza che tale condizione sia causata da una risposta immunitaria esagerata nei confronti dei batteri presenti nella placca della cavità orale oppure delle superfici su cui la placca si deposita (ovvero i denti) o del legamento parodontale.
Infezioni virali, soprattutto da calicivirus felino (FCV), nonché proliferazione eccessiva di batteri gram-negativi e anaerobi del microbioma orale nella sottomucosa della gengiva, sembrano essere i principali fattori che alimentano l’infiammazione e che possono colpire alcuni gatti più gravemente di altri.
Questi fattori scatenano una cascata infiammatoria che comporta l’infiltrazione di cellule T e cellule B citotossiche nella mucosa orale, che a loro volta aggravano l’infiammazione, generando un microambiente che promuove l’ulteriore crescita di anaerobi gram-negativi.
L’anamnesi di gatti affetti da FCGS è associata a dolore orale grave e include segni di scialorrea, anoressia, disfagia/odinofagia, alitosi e strofinamento della bocca con le zampe.
All’esame obiettivo si osservano lesioni arrossate, infiammate, ulcerate e proliferative su mucosa buccale, gengiva, lingua e labbra, in particolare nelle regioni caudali della cavità orale e nelle pliche palatoglosse. Da notare che in uno studio si riscontrava anche la presenza di esofagite in quasi tutti i gatti affetti da FCGS sottoposti a endoscopia del tratto gastrointestinale superiore.
Il trattamento della gengivostomatite cronica portava anche alla risoluzione dell’esofagite e pertanto una terapia aggiuntiva può essere superflua tranne in caso di disfagia e rigurgito evidenti. Le diagnosi differenziali per la FCGS includono parodontite, che può anche essere concomitante alla FCGS, riassorbimento dentale, neoplasie, EGC, infezione da FCV e lesioni caustiche a carico della mucosa orale. Solitamente è necessario effettuare un esame della mucosa orale sotto anestesia perché l’area colpita è estremamente dolorosa. Mentre il paziente è anestetizzato è importante ottenere radiografie dentali per identificare il riassorbimento e la ritenzione di denti.
Dalle regioni colpite si dovrebbero prelevare campioni bioptici che tipicamente evidenziano un’infiammazione cronica linfoplasmacellulare e mista con lesioni ulcerative. La biopsia deve essere utilizzata non come diagnosi definitiva, ma piuttosto come uno strumento per escludere condizioni più insidiose quali quelle neoplastiche.
Oltre al test FIV e FeLV, l’esame emocromocitometrico completo (CBC) e il profilo biochimico sono fondamentali se si sospetta un’infezione, oltre che per verificare la stabilità del paziente in vista dell’anestesia. Il CBC spesso mostra leucocitosi con neutrofilia matura, sebbene nei gatti FIV positivi si possa occasionalmente riscontrare anche leucopenia.
Un controllo meticoloso della placca con igiene dentale frequente ogni 3-6 mesi associata a un regime di igiene dentale da eseguire a casa può essere di aiuto nei pazienti che presentano una risposta iperimmune alla placca in cavità orale.
Nei pazienti che non rispondono a un’igiene dentale accurata e al regime domestico si procede con la gestione chirurgica che prevede l’estrazione dei denti parziale (tutti i premolari e i premolari) o completa. In molti casi il trattamento della FCGS si basa sull’estrazione chirurgica completa dei denti che porta alla risoluzione completa (1/3) e parziale (1/3) in circa 2/3 dei gatti colpiti.
I gatti con FCGS che non rispondono all’estrazione chirurgica dei denti hanno maggiori probabilità di essere FIV positivi e di una prognosi più sfavorevole.
I gatti in cui l’estrazione dentale non porta a remissione necessitano di una terapia medica immunosoppressiva o immunomodulatoria che si basa sulla somministrazione di glucocorticoidi sistemici a dosi immunosoppressive. Anche in questo caso, tuttavia, soltanto il 50% circa dei gatti risponde alla terapia dopo l’estrazione completa dei denti. In qualche caso è stata provata anche la ciclosporina che ha mostrato di portare a una remissione completa nel 50-80% dei casi trattati.
Un’altra modalità terapeutica che è stata tentata con successo consiste nell’ablazione con laser a CO2 della mucosa proliferante.
L’ipotesi è che l’ablazione termica di questo tessuto porti alla formazione di tessuto cicatriziale avascolarizzato che nel complesso riduce l’infiammazione. Fino a oggi, tuttavia, questa modalità terapeutica è stata riportata per un unico caso di FCGS.
Alcuni studi recenti descrivono casi di remissione con la somministrazione di rFeIFN-ω. In uno studio randomizzato in doppio cieco condotto su un totale di 39 gatti trattati con prednisolone oppure con trattamento topico giornaliero con 0,1 MU di rFeIFN-ω, entrambi i gruppi mostravano un miglioramento significativo delle lesioni orali dopo 3 mesi di terapia; tuttavia, la differenza fra i due gruppi non era significativa.
Un’altra recente modalità terapeutica consiste nella somministrazione endovenosa di MSC ricavate dal tessuto adiposo. È stato dimostrato che le MSC si localizzano nel tessuto infiammato e possono avere un effetto antinfiammatorio locale che aneddoticamente può portare alla remissione clinica in diverse patologie infiammatorie croniche.
Per saperne di più: https://www.edizioniedra.it/Gastroenterologia_del_gatto.aspx
A cura di Grazia Lapaglia
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