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24 Novembre 2022

Gastroenterologia felina, nuovi approcci terapeutici. A colloquio con Fabio Procoli

Dare nuova centralità al gatto, con un focus specialistico sulla gastroenterologia. I nuovi standard terapeutici guardano con interesse ai nutraceutici e al trapianto di microbiota fecale

di C. Ignaccolo


Gastroenterologia felina, nuovi approcci terapeutici. A colloquio con Fabio Procoli

“Obiettivo ambizioso? Di sicuro. Soddisfatto del risultato? Decisamente sì”. Nel corso della chiacchierata con Fabio Procoli, autore della pubblicazione “Gastroenterologia del gatto”, l’entusiasmo che si percepisce è quasi palpabile. Perché lui nel suo libro ci crede sinceramente. “Anche perché – ci spiega – riunisce due mie passioni: la gastroenterologia e i gatti (ne ho due, entrambi trovatelli). Per questo lo vivo come mio e ne sono orgoglioso”. “L’idea – racconta – era quella di produrre qualcosa che fosse in grado di intercettare un pubblico di lettori il più articolato possibile. Che non fosse, cioè, utile solo a generalisti e studenti, ma potesse essere visto come punto di riferimento anche dagli specialisti e specialisti in training. Questo ovviamente ha comportato che al risvolto clinico/pratico fossero affiancati anche contenuti di approfondimento”.

Qual è la genesi di questo volume?

Sono stato contattato prima dello scoppio della pandemia, con una richiesta specifica, dal perimetro ben delineato: realizzare un’opera sulla gastroenterologia del gatto. Sono quasi certo che chi mi ha fatto questa proposta non immaginava quanto fosse nelle mie corde…


In che senso?

Nel senso che condivido in pieno l’idea di una pubblicazione interamente dedicata al gatto perché – ci tengo a ribadirlo – non parliamo di un ‘piccolo cane’, ma di una specie con sue ben nette peculiarità. Di solito, invece, nei testi di medicina viene relegato in un piccolo paragrafo comparativo rispetto al cane: una prassi che non condivido.


Dare una nuova centralità al gatto, dunque?

Esattamente. Un po’ come accade in Inghilterra dove la distinzione tra cane e gatto è nettissima, a partire dai corsi di specializzazione per arrivare alle strutture veterinarie certificate ad hoc per i felini. Da noi in Italia, invece, queste realtà sono rarissime.


Una pubblicazione interamente dedicata alla gastroenterologia, quale il suo rapporto con la letteratura esistente?

Diciamo pure che l’approccio tematico prescelto rompe un po’ con la situazione recente. Fino ad oggi, infatti, la gastroenterologia del gatto è stata trattata come una sezione all’interno di testi di medicina interna. Tuttavia, la crescente tendenza all’iperspecializzazione, anche in veterinaria, rischia di rendere questo approccio poco soddisfacente. Per questo ritengo che, sempre in relazione al gatto, una pubblicazione monografica sia più al passo con i tempi e in linea con le richieste di studenti e medici.


Può parlarci dell’organizzazione dei contenuti?  

Come anticipato, sono state conciliate entrambe le anime: quella più pratica e quella improntata all’approfondimento. E ciò è visibile sia nella concezione di ogni singolo capitolo, in cui la parte teorica e descrittiva (integrata da contenuti multimediali) è affiancata a diagrammi, grafici e a un caso clinico esplicativo  (in modo da soddisfare le varie tipologie di lettore).Sia nella declinazione delle quattro sezioni: si comincia con una sezione diagnostica (la più pratica), seguono due parti dedicate alla clinica e si conclude con una sezione terapeutica. La trattazione dei singoli capitoli è stata di volta in volta affidata a opinion leader internazionali, che ho avuto modo di contattare in qualità di autori dei singoli capitoli, grazie al mio background di matrice anglosassone. Cito, per esempio, il capitolo di Karin Allenspach, la mia ex mentore e co-editrice del testo, che ha scritto della patogenesi della malattia infiammatoria cronica del gatto, parlando di immunologia in modo dettagliato ma contemporaneamente comprensibile. Spesso gli autori senior sono stati affiancati da giovani ricercatori, che hanno portato ‘in dote’ un approccio fresco, molto pratico.


Di cosa tratta il capitolo scritto da lei?

E’ un intervento molto pratico, una classificazione delle enteropatie croniche del gatto (nel cane è tutto più chiaro). Ho cercato di guardare all’evidenza scientifica, mediandola con la mia esperienza clinica. L’obiettivo era quello di proporre un approccio terapeutico standardizzato, che non era ancora stato realizzato nel gatto.

Nel libro viene dato ampio spazio all’aspetto nutrizionale, come mai?

Vede, il gatto è un carnivoro obbligato: se malnutrito sviluppa subito conseguenze metaboliche e organiche anche fatali. Mentre il cane può sopportare la ridotta assunzione del cibo (iporessia) senza immediate conseguenze sistemiche, il gatto no: dopo pochi giorni, per esempio, può sviluppare una malattia metabolica (lipidosi epatica) associata a insufficienza epatica. Per il gatto la nutrizione è veramente vitale. Da qui lo spazio dedicatole nel libro: quattro capitoli scritti da Aarti Kathrani, docente e veterinaria specializzata sia in gastroenterologia che in nutrizione. L’autrice spazia dalle procedure per realizzare una valutazione nutrizionale del gatto fino alla gestione nutrizionale delle diverse patologie per arrivare al supporto nutrizionale tramite sondini di alimentazione. A corredo vengono proposti video e immagini che ne esemplificano l’applicazione. Sempre per restare in ambito nutrizione, mi piace pure citare il capitolo di Silke Salavati Schmitz (anche lei co-editrice del testo) sul ricorso a nutraceutici, integratori prebiotici e probiotici per la gestione delle enteropatie feline, anche in alternativa agli antibiotici.


Tra i temi attuali e nuovi affrontati nel libro: ce ne sono altri che le stanno particolarmente a cuore?

Vorrei ricordare, per esempio, il capitolo sulla valutazione diagnostica del microbiota intestinale nel contesto della disbiosi, scritto dall’opinion leader Jan Suchodolski. Oppure quello relativo al trapianto di microbiota fecale, scritto da Federic Gaschen, utile a gestire patologie gastrointestinali e disbiosi. E’ un argomento molto attuale, ma poco trattato nei libri di testo. In Italia la pratica è usata da pochi, conosciuta da pochissimi, ignorata dai più.


Diffidenza?

No, quello che manca è la conoscenza. Una volta proposto il tema, l’interesse c’è. Anche perché parliamo di un’operazione ambulatoriale, con una fase preparatoria brevissima e un’esecuzione molto rapida.


Quali i vantaggi del metodo?

Semplice: la remissione clinica e in alcuni casi la guarigione. In alcuni casi, infatti, è la terapia più efficace nella cura della disbiosi intestinale mentre in altri aggiunge efficacia in un contesto terapeutico multimodale.


Quali sono le condizioni ottimali per effettuare il trapianto?

Beh, innanzitutto va specificato che il microbiota è un vero e proprio organo metabolico e che lo scopo del trapianto è quello di sostituire la flora indigena alterata del ricevente con quella del donatore, che questa attecchisca e che riproduca tutte le sue funzioni benefiche. Se alla base di una disbiosi vi è una patologia molto grave (penso per esempio a una grave enteropatia cronica), il trapianto non può far regredire la malattia; può essere però una terapia sintomatica, ma non sarà risolutivo. Invece nel caso di gatti giovani con enteropatia parassitaria o una disbiosi antibiotico indotta, il trapianto di microbiota può essere risolutivo. Noi stiamo lavorando molto sul paziente giovane, in quanto spesso in grado di trarne benefici maggiori.


Il trapianto presenta qualche difficoltà?

Forse qualche piccola difficoltà potrebbe risiedere nel trovare il donatore giusto (non esiste infatti una banca per le donazioni): è dunque compito del singolo veterinario selezionarlo, e verificare che sia idoneo. Anche se (sorride) io non ho diritto di lamentarmi, perché ho la mia banca personale: i ‘miei’ due mici, donatori di microbiota fecale, testati e risultati idonei.

Fabio Procoli

Responsabile di Medicina Interna Anicura di Zola Pedrosa (BO)

Il Dott. Procoli si laurea a Bari nel 2003. Per 3 anni lavora in UK occupandosi di clinica dei piccoli animali. Dal 2008 al 2009 svolge un internship all'Università di Edimburgo. Dal 2009 al 2012 svolge una residency in Medicina Interna al Royal Veterinary College di Londra e completa un MPhil in gastroenterologia dei piccoli animali con la Prof. Karin Allenspach. Sempre nel 2012 consegue il titolo di Specialista dal College Americano di Medicina Interna (DipACVIM), seguito nel 2013 da quello del College Europeo (DipECVIM-CA). Dal 2014 al 2017 lavora come specialista consulente in medicina interna e gastroenterologia per Anderson Moores Veterinary Specialists, un Ospedale Multidisciplinare in Winchester, UK. Dal Settembre 2017 è il responsabile del Reparto di Medicina Interna presso Anicura Ospedale Veterinario i Portoni Rossi a Zola Predosa (BO). Il Dott. Procoli è autore di articoli referenziati su riviste nazionali ed internazionali, è relatore e direttore di corsi di formazione nazionali ed internazionali e co-autore del testo Feline Gastroenterology (Edra edition). Infine, il Dott. Procoli è vice presidente della Società Italiana di Medicina Interna Veterinaria (SIMIV) e della Società Europea di Gastroenterologia Comparativa (ESCG).

CITATI: AARTI KATHRANI, FABIO PROCOLI, FEDERIC GASCHEN, JAN SUCHODOLSKI, KARIN ALLENSPACH, SILKE SALAVATI SCHMITZ
TAG: GASTROENTEROLOGIA, INTERVISTA, INTERVISTA VET33, MICROBIOTA FECALE, NUTRACEUTICI, PREBIOTICI, PROBIOTICI

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