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22 Marzo 2023

Quanto incidono gli antiparassitari sull’inquinamento delle aree urbane?

Un recente studio inglese sull'impatto ambientale degli antiparassitari per animali domestici esamina le ripercussioni sugli ecosistemi naturali e le strategie per bilanciare le esigenze degli animali domestici, delle persone e dell'ambiente.


Quanto incidono gli antiparassitari sull’inquinamento delle aree urbane?

Una nuova ricerca del Grantham Institute dell'Imperial College di Londra sull'impatto ambientale dei trattamenti antiparassitari per i piccoli animali potrebbe incrinare l’aplomb britannico, puntando i riflettori su alcune evidenze preoccupanti e instillando l’urgenza di una cambio di passo. Davanti a questa pubblicazione, la British Veterinary Association (BVA), dal canto suo, ha subito preso posizione chiedendo di approfondire ulteriormente la questione e incoraggiando i suoi membri a utilizzare gli antiparassitari in modo responsabile, evitando trattamenti generici. 

Ma facciamo un passo indietro per capire quali siano i rischi adombrati dalla ricerca. Innanzitutto, emerge che nel Regno Unito le sostanze vietate per scopi agricoli di routine vengono ancora vendute e utilizzate per altri scopi, compresi i trattamenti antiparassitari per gli animali domestici. Inoltre, pare che queste sostanze chimiche possano entrare nell'ambiente naturale rivelandosi tossiche per molte specie di acqua dolce, anche in concentrazioni ambientali di appena 0,013 microgrammi per litro come accade per esempio per l'imidacloprid. Le concentrazioni più elevate dei principi attivi sono state ad oggi rilevate nei corsi d’acqua, prevalentemente nelle aree urbane (ad esempio, l’imidacloprid è stato rilevato per oltre 1 microgrammo per litro). Con conseguenze negative per gli ecosistemi acquatici. Ne discende l’impellenza di aumentare il monitoraggio, la gestione e la regolamentazione dei parassiticidi veterinari per ridurre al minimo i potenziali impatti dell'inquinamento sugli ecosistemi di acqua dolce.  



Nell’immagine, tratta dalla ricerca del Grantham Institute dell'Imperial College sono illustrati i dati sulla vendita e utilizzo dell’imidacloprid negli antiparassitari per animali domestici e nei agricoli nel Regno Unito. L'imidacloprid è stato implicato nel declino delle api e di altri impollinatori terrestri. Pertanto il suo utilizzo nella UE è stato fortemente limitato nel 2013, per poi arrivare al bando totale dell'uso all'aperto nel 2018.

Qui sono visibili utilizzo e vendite di imidacloprid prima (2009) e dopo le limitazioni (2014), nonché dopo il divieto (2019). I dati sull'uso agricolo sono stati ottenuti dalla Food and Environment Research Agency (FERA).    Quelli sulle vendite di antiparassitari per animali domestici sono stati ottenuti dal Veterinary Medicines Directorate (VMD) ai sensi del Freedom of Information Act.



Un nuovo (vecchio) allarme

Se la ricerca del Grantham Institute dell'Imperial College di Londra, ha il pregio dell’attualità, non si può però dire che il tema sia nuovo. Sul potenziale impatto negativo degli antiparassitari utilizzati smodatamente si discute già da tempo. Tanto che nel 2020 l’EMA aveva aperto le consultazioni, per verificare l’opportunità di aggiornare i livelli di rischio ambientale insito in questi prodotti (Concept paper for the development of a reflection paper on the environmental risk assessment for parasiticide veterinary medicinal products used in companion animals). Infatti sull’argomento le stime risalivano addirittura al 2000: in un ventennio lo scenario era ampiamente mutato, anche in virtù dell’enorme aumento e della diffusione degli animali domestici. Quindi se nel 2000 l’impatto di quelle sostanze poteva essere definito negligible, 20 anni dopo, questo il dubbio, tale definizione avrebbe potuto essere non più valida. Testulamente: Hence, the assumption that risks associated with exposure to parasiticides can be considered negligible 62 might no longer be valid. La consultazione mirava, quindi, ad appurarlo. Ed eccoci arrivare all’epilogo della vicenda, datato dicembre 2022, che porta alla pubblicazione da parte di EMA del “Reflection paper on the environmental risk assessment of 5 ectoparasiticidal veterinary medicinal products used in cats and dogs”. Qui la presa di posizione sul tema è più netta, in quanto si ammette chiaramente che la precedente definizione negligible, potrebbe essere ora sub judice, alla luce delle mutate condizioni. Testualmente: it appears that the validity of the assumption (i.e. that the environmental exposure from the use of VMPs in companion  animals can be considered as negligible) is open to question.

E anche in questo documento, come nella ricerca del Grantham Institute dell'Imperial College, gli ecosistemi più a rischio sono identificati tra quelli acquatici.

In attesa di poter ragionare su dati ulteriormente informati, il Reflaction Paper di dicembre, sottolinea infine l’importanza di un utilizzo consapevole e prudente dei prodotti antiparassitari, tramite il ricorso a piani personalizzati sul singolo animale  o su gruppi ritenuti omogenei. Proprio per evitare un ricorso indifferenziato e smodato la consulenza di un medico veterinario è prioritaria.           



TAG: ANTIPARASSITARI, BVA, ECOSISTEMA, EMA, IMIDACLOPRID, INQUINAMENTO

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