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15 Gennaio 2025

Vespa orientalis, 40mila alveari distrutti in Lazio, Molise, Campania

Il calabrone orientale sta decimando le api mellifere in tutta Italia, con danni enormi per l’apicoltura. Il cambiamento climatico favorisce la diffusione di questa specie autoctona del Mediterraneo, sempre più presente nei centri urbani

di Redazione Vet33


Vespa orientalis, 40mila alveari distrutti in Lazio, Molise, Campania

La Vespa orientalis, nota anche come calabrone orientale, sta mettendo in ginocchio il settore dell’apicoltura italiana. Solo tra Lazio, Molise e Campania, si stima che abbia distrutto circa 40.000 alveari, causando un’emergenza per gli apicoltori e la produzione di miele. Numerosi i danni anche in Sardegna. Questo insetto, autoctono del Mediterraneo, sta risalendo la penisola grazie al cambiamento climatico, trovando nei centri urbani un ambiente ideale per riprodursi.
 

Le segnalazioni

Prima a Grosseto, poi Genova, Trieste, Lucca e in Sardegna. Nell’estate del 2022 perfino nelle zone urbane della Capitale. La vespa orientalis, che nonostante il nome è una specie autoctona del Mediterraneo, negli ultimi anni sta espandendo la sua presenza risalendo la penisola e mettendo in crisi gli apicoltori e la produzione del miele, con rischi anche per la salute delle persone. 
Queste vespe hanno un corpo rossastro, con un’evidente banda addominale di colore giallo. Gli esemplari adulti variano dai 2,5 ai 3,5 centimetri e le regine sono più grandi delle operaie. Inoltre, i maschi si possono riconoscere dalle antenne molto lunghe. Si tratta di una specie termofila, che vive soprattutto a temperature elevate.
A causa dei cambiamenti climatici e dell’aumento delle temperature, questi imenotteri trovano un Paese sempre più caldo e quindi un terreno più fertile per riprodursi ed espandersi. Di anno in anno crescono per numero, ma anche per aggressività e competizione con altri alveari, arrivando a distruggere quelli di molte api mellifere. Le ultime stime parlano di circa 35-40.000 alveari distrutti solo tra Lazio, Campania e Molise.
L’impatto che la vespa orientalis sta causando al settore del miele e dell’apicoltura – già estremamente in difficoltà tra surriscaldamento globale, perdita di biodiversità e api in costante calo – è notevole. 

L’allarme

La presenza di questo insetto non è limitata alle tre regioni del Centro Sud: da tempo è stato avvistato in Friuli-Venezia Giulia, nelle Marche, in Liguria, Toscana e Sardegna. A Roma, la scorsa estate, le sue incursioni hanno distrutto gli alveari realizzati sulla terrazza del Ministero dell’Agricoltura per il progetto “Api in città”.
A segnalare l’emergenza è Riccardo Terriaca, Segretario generale di Miele in Cooperativa, l’associazione nazionale che rappresenta le principali organizzazioni di apicoltori delle tre regioni più colpite. Al momento mancano ancora strategie e tecniche mirate a contrastare efficacemente questo insetto velenoso. 

“È un’ennesima calamità a fronte alla quale siamo disarmati, non essendo disponibili strumenti e tecniche di contrasto alle aggressioni” afferma Terriaca, secondo il quale “è indispensabile che il mondo della ricerca impegni risorse umane e finanziare per studiare il problema con un approccio pragmatico, per darci delle risposte. Sono a rischio decine di migliaia di alveari e la sostenibilità di centinaia di aziende apistiche”. 

“Contrariamente alla Vespa velutina, sulla quale c'è una direttiva Europea e un progetto dedicato del Crea, non abbiamo strumenti e tecniche di contrasto specifiche” spiega Laura Bortolotti, prima ricercatrice del Crea AA, Agricoltura Ambiente. “Il problema è che essendo una specie autoctona fino ad ora non è stato possibile inserirla in una black list e proprio per questo siamo in contatto con l'Ispra per mettere a punto una strategia per combatterla”.

Gli apicoltori possono proteggere gli alveari solo utilizzando protezioni da installare sul loro ingresso. Le soluzioni variano dalle trappole a esca alle arpe elettriche, dispositivi che consistono in un telaio che tiene tesi fili elettrici scoperti, sui quali passa una corrente a bassa tensione che stordisce l’insetto, posizionati a una distanza tale da non danneggiare le api.

“Abbiamo però scoperto – continua la ricercatrice – che la Vespa è intelligente, dotata di una certa memoria in grado di scoprire questi trucchi e quindi di evitarli”.

I rischi per l’uomo

La vespa orientalis, informa l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IzsVe), oltre a provocare danni significativi all’apicoltura nutrendosi di api e sottoponendo le colonie a notevole stress, può fungere da potenziale vettore di patogeni per l’uomo.
Se gli adulti si nutrono di carboidrati e sostanze zuccherine (nettare, melata, frutti maturi), le larve necessitano di proteine, e per questo attaccano le colonie api alla ricerca di cibo. Tuttavia, l’impatto negativo sulle api e sulla produzione di miele “non si limiterebbe soltanto ai gravi danni diretti provocati dal suo comportamento predatorio, ma anche alla capacità di fungere da potenziale vettore, meccanico o biologico, di agenti patogeni di Apis mellifera, favorendone la diffusione nelle colonie”.
In questo senso i calabroni potrebbero rappresentare una minaccia per la salute pubblica: non solo infliggono punture multiple e dolorose per gli esseri umani, con un elevato rischio di reazioni allergiche, ma hanno anche la capacità di diffondere patogeni pericolosi.
Al momento si può agire implementando un programma di controllo e gestione che prenda in considerazione vari aspetti, come la sensibilizzazione dei cittadini, l’istituzione di un sistema di monitoraggio e allarme, la riduzione delle regine, la ricerca e rimozione dei nidi, così da arginare gli effetti negativi dell’aumento anomalo della popolazione di Vespa Orientalis.

TAG: API MELLIFERE, APICOLTURA, IZSVE, MIELE, VESPA ORIENTALIS

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