Animali esotici
26 Giugno 2024In Italia si assiste a una rinascita del settore dell’ostricoltura. Il Paese si è affermato come terzo produttore di molluschi bivalvi nell’Unione europea, con investimenti in aumento. Fondamentali i progetti di ricerca per monitorare la salute dei molluschi, come quelli portati avanti dall’Izs delle Venezie
Con una produzione annua di 75.000 tonnellate, l’Italia è il terzo produttore di molluschi bivalvi nell’Unione Europea. Cozze e vongole restano invece le principali specie prodotte. Anche la produzione di ostriche, avviata addirittura dai Romani, ha superato nel 2022 le 300 tonnellate, sebbene resti ancora lontana da quella francese. Grazie a un interesse crescente e a degli investimenti in aumento, e nuovi impianti lungo la penisola, l’ostricoltura italiana sta vivendo un’importante rinascita. E con l’aiuto della ricerca scientifica e della collaborazione tra allevatori ed enti di ricerca, è possibile un’ulteriore futura espansione.
L’ostricoltura
L’ostricoltura italiana è storicamente la più antica, ma al contempo una delle meno sviluppate in Europa. Avviata dai Romani oltre duemila anni fa, con l’autoctona ostrica piatta, l’ultimo periodo fiorente risale alla fine dell’Ottocento. Dopo essere scomparsa per oltre un secolo, nell’ultimo decennio ci sono stati alcuni investimenti in Liguria, nel golfo di La Spezia, e anche in Sardegna, Emilia-Romagna e Veneto.
Oggi, la quasi totalità della produzione di ostriche riguarda la specie ostrica concava (Crassostrea gigas, ora Magallana gigas) di cui sono state prodotte nel 2022 poco più di 300 tonnellate, quantità notevolmente ridotta rispetto alla produzione francese che è pari a 80.000 tonnellate/anno e da cui dipendiamo quasi interamente per rifornire il nostro mercato.
Per quanto riguarda l’ostrica piatta (Ostrea edulis), la produzione è solo all’inizio, ma anche questa specie è promettente, e con caratteristiche di sapore particolari e tipiche.
Allevamento
Le ostriche devono essere controllate frequentemente; le lanterne che le contengono devono essere tenute ben pulite dal deposito di incrostazioni; il seme di partenza deve provenire da schiuditoi controllati rispetto a potenziali malattie specifiche per questa specie. Poiché il ciclo produttivo è più lungo rispetto agli altri molluschi, le ostriche sono più esposte al rischio di eventi atmosferici avversi o malattie, e per questo motivo devono essere maggiormente controllate durante tutto il ciclo produttivo.
Inoltre, per l’abitudine di consumare le ostriche crude, il consumatore deve essere garantito con un prodotto sicuro, allevato in aree ben controllate e, se necessario, anche ben trattato nei centri di depurazione.
Le sfide
Gli ostricoltori italiani hanno a che fare con diverse sfide, che rappresentano un’occasione per lavorare a stretto contatto con gli enti di ricerca, un presupposto importante se si vuole implementare il neonato settore della molluschicoltura italiana. Le principali sono:
● l’attivazione di centri di produzione di seme (schiuditoi) in Italia per non dipendere dall’estero e poter fare una propria selezione dei riproduttori;
● una mappatura delle aree ideali per l’allevamento, che devono essere particolarmente indenni da contaminanti fecali, non ultimi i virus enterici (es. Norovirus) che spesso sono causa di gastroenteriti nel consumatore;
● migliorare la tecnologia di allevamento per superare alcuni problemi sanitari come la presenza di parassiti sul guscio (balanidi) o all’interno della conchiglia (Polidora), e contenere i danni da Oyster herpes virus, Vibrio aestuarianus,
● sfruttare le particolari caratteristiche salutistiche delle ostriche, con campagne di informazione ai consumatori;
● puntare a produzione locali tipiche, sull’esempio di altre iniziative positive a suo tempo ottenute con altri molluschi, come la cozza DOP di Scardovari;
● sviluppare la produzione di ostrica piatta, da gestire assieme ad una regolamentazione del prodotto selvatico pescato;
● individuare luoghi dove conviene allevare in modo integrato, ittiocoltura e ostricoltura.
● trovare soluzioni alla crisi climatica che negli ultimi anni sta causando una periodica carenza di fitoplancton, alimento base dei molluschi; i periodi di digiuno indeboliscono gli animali, ne bloccano la crescita e li rendono più vulnerabili a patologie.
Formazione e ricerca
La formazione dell’ostricoltore è importante per una gestione responsabile delle aree di produzione e raccolta. Conoscere e utilizzare le informazioni sulla previsione di eventi atmosferici avversi, permette di regolamentare i periodi di raccolta delle ostriche, evitando di immettere sul mercato un prodotto contaminato, lasciandolo in acqua il tempo necessario per l’autodepurazione, eventualmente con una successiva depurazione in stabilimento.
In questo contesto, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) negli ultimi anni si è posto a fianco del comparto produttivo, partecipando a vari progetti di ricerca. Grazie a questi, l’Istituto ha potuto migliorare le performance diagnostiche relative all’identificazione di agenti patogeni di ostrica concava e ostrica piatta, mettere a punto sistemi di laboratorio per definire lo stato di salute delle ostriche attraverso l’individuazione di specifici marcatori di stress con metodi immunoistochimici, nonché monitorare la salute delle ostriche allevate in diversi ambienti, come il mare, le lagune e le valli da pesca, e con modalità diverse.
Inoltre, ogni anno, in quanto sede del Centro di referenza nazionale (CRN) per lo studio e la diagnosi delle malattie dei pesci, molluschi e crostacei, organizza un momento di confronto presso i laboratori di Legnaro (Padova) per un aggiornamento sulla situazione epidemiologica, per discutere i risultati dei ring test organizzati dal Crn e per un update diagnostico delle malattie delle specie acquatiche allevate, fra cui appunto le ostriche.
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