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11 Maggio 2024

Influenza aviaria nei bovini, Usa: rischio malattia endemica

Secondo un articolo pubblicato su Nature, c’è la possibilità che l’influenza aviaria diventi endemica nei bovini degli Stati Uniti, aumentando il rischio di diffusione tra gli esseri umani

di Redazione Vet33


Influenza aviaria nei bovini, Usa: rischio malattia endemica

In un articolo pubblicato su Nature, alcuni scienziati riportano timori che il ceppo H5N1 dell’influenza aviaria potrebbe diventare endemico nei bovini degli Stati Uniti, aumentando il rischio di diffusione tra gli esseri umani. I novi dati acquisiti, infatti mostrano che il virus può effettuare continui salti di specie tra bovini e uccelli, diffondendosi così in ampi territori.


Scienziati in allerta
L’H5N1 è un virus che circola in varie forme fin dagli anni Novanta. Una variante particolarmente mortale è stata rilevata per la prima volta nel 1996 e ha ucciso milioni di uccelli, venendo riscontrata in numerose specie di mammiferi, tra cui foche e visoni.
I funzionari statunitensi hanno annunciato il 25 marzo che il virus H5N1 era stato trovato nei bovini per la prima volta, una specie che non era ancora nota come portatrice; da allora, dopo i testi eseguiti, sono risultate positive le mucche di 36 mandrie in 9 Stati (dati aggiornati al 7 maggio). I test sul latte pastorizzato, invece, non hanno trovato virus viventi. Tuttavia, la crescente ubiquità del virus ha messo in allerta gli scienziati. 

“Ogni volta che arriva una nuova specie ospite di mammiferi, come le mucche, aumenta il rischio di trasmissione umana e diminuisce l’immunità umana” ha dichiarato Jessica Leibler, epidemiologa ambientale presso l’Università di Boston nel Massachusetts.

Inoltre, una singola mucca può ospitare diversi tipi di virus influenzali, che potrebbero, nel tempo, scambiare materiale genetico per generare un ceppo in grado di infettare più facilmente l’uomo.

“Alla fine si arriverà inevitabilmente alla combinazione sbagliata di segmenti genetici e mutazioni” ha dichiarato Michael Worobey, biologo evoluzionista dell’Università dell’Arizona a Tucson. “Qualsiasi opportunità avessimo avuto per stroncare il problema sul nascere, l’abbiamo persa a causa di un rilevamento molto lento”.

I dati genomici stanno iniziando a spiegare l’origine dell’epidemia bovina. In un preprint recentemente pubblicato su bioRxiv, gli scienziati del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (Usda) hanno analizzato più di 200 genomi virali prelevati da bovini e hanno scoperto che il virus è passato dagli uccelli selvatici alle mucche alla fine del 2023. Questo risultato corrobora, tra le varie analisi compiute, le scoperte di Worobey, nonostante nessuno degli articoli sia stato ancora sottoposto a revisione paritaria. 

Serbatoi bovini
Per Angela Rasmussen, virologa dell’Università del Saskatchewan a Saskatoon, in Canada, poiché le mucche infettate generalmente non muoiono di influenza, i bovini sono “efficaci vasi di miscelazione” in cui i virus possono scambiare materiale genetico con altri virus. Il ceppo attuale sembra infettare ugualmente bene diverse specie. 

“Se si tratta di un virus che si muove avanti e indietro tra mucche, esseri umani e uccelli, quel virus eserciterà pressioni selettive per crescere in modo efficiente in tutte quelle specie” ha affermato Rasmussen.

Maggiore è il numero di animali infetti, maggiori sono le possibilità che il virus acquisisca mutazioni utili, come la capacità di crescere nel tratto respiratorio superiore, che potrebbero renderlo più trasmissibile tra le persone.
Dal punto di vista umano, secondo Worobey, le mucche potrebbero essere uno dei peggiori serbatoi possibili di influenza, a causa del loro numero e del grado in cui gli esseri umani interagiscono con loro.

Modalità di diffusione
L’abbattimento del pollame ha frenato precedenti epidemie di influenza aviaria, ma la dottoressa Rasmussen afferma che questa non è un’opzione praticabile per il bestiame. Gli animali sono troppo preziosi e, a differenza degli uccelli, non sembrano morire a causa dell’infezione. 
Per Gregory Gray, epidemiologo di malattie infettive presso la University of Texas Medical Branch di Galveston, l’H5N1 potrebbe persino diventare endemico nelle mucche. Altri ceppi legati all’H5N1 sono già endemici nei polli e nei maiali in alcune parti del mondo.
I ricercatori non sono sicuri di come il virus si stia diffondendo tra le mandrie. Una probabile fonte sono gli uccelli selvatici, che si radunano attorno al mangime del bestiame, contaminando le acque dove i bovini si abbeverano. 
“I bovini sono solo una grande mangiatoia per uccelli” ha affermato Gray, aggiungendo che gli uccelli possono diffondere le infezioni molto più lontano di quanto possano fare le mucche e sono molto meno controllabili.

Possibili soluzioni
Alcune prove suggeriscono che la colpa potrebbe essere delle attrezzature agricole, come le mungitrici, ma diversi scienziati temono che il virus possa essere trasportato dall’aria. 
“Penso davvero che stia accadendo e non siamo stati in grado di studiarlo”, sostiene Gray, principalmente perché gli agricoltori sono stati riluttanti a consentire agli ispettori di testare il loro bestiame.
È stato scoperto che alcune varianti correlate che infettano i cavalli si diffondono nell’aria per chilometri, il che potrebbe spiegare come l’attuale ceppo si è spostato tra gli allevamenti. Fino a quando non si saprà di più sulla via di trasmissione del virus, afferma Worobey, sarà difficile determinare il modo migliore per contenerlo. 
Se il virus è diffuso nell’aria, dice Gray, vaccinare le mucche potrebbe essere un’opzione. I vaccini H5N1 non sono ancora stati utilizzati nei bovini statunitensi, ma i vaccini antinfluenzali si sono rivelati efficaci nei suini e nel pollame, e i ricercatori stanno iniziando a testarli contro il ceppo H5N1 che infetta gli allevamenti da latte.

CITATI: ANGELA RASMUSSEN, GREGORY GRAY, JESSICA LEIBLER, MICHAEL WOROBEY
TAG: BOVINE DA LATTE, H5N1, INFLUENZA AVIARIA, SALTO DI SPECIE, STATI UNITI, USDA

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