Animali da Reddito
06 Aprile 2022 Le proposte presentate dalla Commissione europea per aggiornare e modernizzare la direttiva sulle emissioni industriali (contenuta nella direttiva 2010/75/EU), coinvolgono anche gli allevamenti con più di 150 unità. Si alza un coro di proteste

Verso un'economia a inquinamento zero, nell’orizzonte temporale del 2050: questo l’obiettivo delle nuove proposte di aggiornamento alla Direttiva Emissioni Industriali 2010/75/UE o (IED), che dovrebbero guidare gli investimenti industriali necessari per la trasformazione dell'Europa. Le nuove norme riguarderanno le fonti di emissioni più rilevanti e nel novero rientrano anche gli allevamenti “di bovini su larga scala e allevamenti aggiuntivi di suini e pollame”. La ratio che sottende questo upgrade è il superamento della soglia delle 150 unità di bestiame. In precedenza, invece, i bovini erano esclusi e la soglia per suini e pollame era più alta: rispettivamente di 40 mila e 2.000 unità. Ne deriverà un aumento della copertura degli allevamenti intensivi pari al 13% dei del totale dei grandi allevamenti UE, che insieme sono responsabili del 60% delle emissioni di ammoniaca del bestiame dell'UE e del 43% di metano. Per queste realtà, dunque, maggiori controlli e l’adozione delle migliori soluzioni tecniche disponibili (BAT), con il fine di calmierare l'inquinamento dell'aria, del suolo e dell'acqua/delle acque sotterranee, limitando - di conseguenza – le emissioni. Benché si tratti di ambiti applicativi relativamente nuovi, si stima che i nuovi settori coperti da IED e BAT potrebbero arrivare a una riduzione complessiva degli inquinanti nell'intervallo dal 35% al 70%.
Sugli aggiornamenti, così si è espresso I commissario per l'Ambiente, gli oceani e la pesca Virginijus Sinkevičius: “Queste nuove norme consentiranno ai grandi impianti industriali e agli allevamenti intensivi di svolgere il loro ruolo nel raggiungimento dell'obiettivo del Green Deal europeo. Esclusivamente dall'azione sugli allevamenti, i benefici per la salute umana ammonterebbero ad almeno 5,5 miliardi di euro all'anno. I cambiamenti creeranno più posti di lavoro, come ha dimostrato con successo in passato il settore dell'eco-innovazione dell'UE”.
C'è chi dice no
In Italia, tuttavia, questo ampliamento della platea degli allevamenti interessati, non sempre ha trovato plauso. La Regione Lombardia, per esempio, si schiera contro, come ha scritto in una nota l’assessore all’Agricoltura, Alimentazione e Sistemi verdi della Regione Lombardia, Fabio Rolfi. L’assessore stigmatizza il fatto che l’Unione europea voglia “estendere oneri burocratici a un numero sempre più alto di allevamenti, allargando il perimetro di applicazione delle norme sulle emissioni industriali anche agli allevamenti bovini e abbassando la soglia di applicazione per quelli avicoli e suini”. Anche per Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, le misure inserite nella bozza di revisione sono inaccettabili perché andrebbero a penalizzare le realtà più piccole. Malcontento pure dal presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti per cui questo coinvolgimento esteso anche a piccole realtà rischia di innescare “un taglio di produzione a livello europeo, aprendo così la strada a maggiori importazioni da Paesi terzi dove le regole sono meno rigorose di quelle valide nella UE, anche ai fini della sostenibilità ambientale”.
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