Professione
08 Settembre 2022 A 45 anni dalla sua nascita, il Servizio Sanitario pubblico e nazionale è a rischio. Tante le derive centrifughe segnalate dai sindacati, in rappresentanza di 120.000 medici, veterinari e sanitari.
Le parole sono pietre e nel Manifesto per la Nuova Sanità, sottoscritto dalle organizzazioni sindacali, fanno veramente male. In gioco, infatti, c’è la difesa del Servizio Sanitario pubblico e nazionale, del ruolo dei medici e dei dirigenti sanitari al suo interno, del valore del suo capitale umano. Tante le tematiche portate all’attenzione delle istituzioni, ma soprattutto, tante le emergenze. Come il ridimensionamento dell’intervento pubblico, la corsa vero la privatizzazione, la carenza strutturale di medici specialisti, il peggioramento delle loro condizioni di lavoro, le fughe verso la quiescenza e lontano dalla dipendenza pubblica. Il grido d’allarme riguarda i Pronto soccorso (affollati di pazienti e carenti di medici) e le criticità territoriali, cui vanno aggiunte anche le carenze del welfare: problematiche endemiche per cui la pandemia ha svolto la funzione di catalizzatore, l’emersione in superficie. Nella fase emergenziale hanno prevalso solidarietà, professionalità e senso civico, ma ora – sottolinea il manifesto – è pressante “la necessità di ricostruire un ambiente politico, sociale e culturale nel quale la tutela della salute come di tutto il sistema di welfare siano considerati fattori di produzione di ricchezza collettiva, nella misura in cui lo stato di salute e di benessere fisico e psichico di una popolazione correlano direttamente con lo sviluppo sociale e culturale di un Paese”. Attenzione, dunque, a non mettere in secondo piano la sanità pubblica, rispetto a presunte priorità come crisi energetica e conseguenze della guerra in Europa. Non è infatti da considerarsi un onere che consuma ricchezza, ma - al contrario – una realtà che deve essere resa sostenibile tramite la “valorizzazione, l’autonomia e la responsabilità dei suoi professionisti. Perché parlare di sanità significa parlare di lavoro in sanità e parlare di lavoro significa parlare di capitale umano”. E invece oggi, i dati dimostrano che l’Italia è fanalino di coda per quanto riguarda la spesa sanitaria in Europa, per valori pro-capite a parità di potere d’acquisto (nel 2019 pari a 2.473 euro, a fronte di una media Ocse di 2.572 euro) con un gap vertiginoso rispetto a Paesi di riferimento come Francia e Germania. In questo scenario – conclude il manifesto – “per i medici, i veterinari e i dirigenti sanitari del SSN, tramontata la retorica, occorrono nuove risorse a loro dedicate, a partire dalla prossima Legge di Bilancio, e interventi legislativi che valorizzino il loro ruolo sul fronte economico, contrattuale e normativo".
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