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18 Novembre 2024Il dossier AIFA fa il punto sul consumo degli antibiotici in Italia, evidenziano il ruolo dell’antibiotico-resistenza negli animali e le strategie per prevenirla
Oggi, lunedì 18 novembre, in occasione della Giornata europea per la lotta all’antibiotico resistenza (EAAD) e dell’inizio della World AMR Awareness Week (WAAW), la Settimana mondiale sull’uso consapevole degli antimicrobici (18-24 novembre), l’Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha pubblicato un dossier sul consumo degli antibiotici in Italia, con le strategie da adottare per ridurre l’antibiotico resistenza e una sezione dedicata agli antibiotici a uso veterinario.
Ogni anno in Europa si verificano più di 670.000 infezioni da germi antibiotico-resistenti, che – stando all’ultimo rapporto di sorveglianza dell’Ecdc – causano oltre 35.000 decessi, di cui quasi un terzo in Italia. Oltre ad ammalarsi di più, aumenta anche la spesa pubblica, perché i super batteri sono responsabili di un significativo assorbimento di risorse.
In Italia continua a crescere il consumo di antibiotici che favoriscono il proliferare di batteri resistenti alle cure. Ancora una volta il nostro Paese si conferma al vertice della classifica dell’Ue. Se nei prossimi anni il trend non si dovesse invertire, nel 2050 l’Amr diventerà la prima causa di morte del Paese, superando le malattie cardiovascolari e i tumori. Nel 2023, il consumo nazionale di antibiotici è aumentato del 6,4% rispetto all’anno precedente.
In base al rapporto Ecdc, i morti causati da infezioni ospedaliere resistenti agli antimicrobici sarebbero circa 12.000, un terzo dei decessi che si verificano in ospedale. Nel biennio 2022-23 ci sono stati 430.000 pazienti ricoverati che hanno contratto un’infezione durante la degenza, l’8,2% del totale dei pazienti; peggio solo il Portogallo con l’8,9%.
Tra i microbi più diffusi, la Klebsiella, che infetta le vie urinarie con una mortalità che arriva alla metà dei casi; lo Pseudomonas che provoca infezioni osteoarticolari con mortalità al 70%; l’Escherichia coli, che genera diarrea anche sanguinolenta; il Clostridium difficile, che prolifera nell’intestino con una mortalità a 30 giorni che si avvicina al 30%.
L’impatto del fenomeno sul Sistema Sanitario è enorme: 2,7 milioni di posti letto sono occupati proprio a causa di queste infezioni, con un costo che arriva a 2,4 miliardi l’anno.
Nonostante la principale causa di resistenza nei microrganismi che interessano l’uomo sia l’uso degli antimicrobici in medicina umana, in comunità, in ospedale e in tutte le altre strutture di assistenza sanitaria, una parte del problema è da imputare all’uso degli antimicrobici negli animali destinati alla produzione alimentare. Negli animali, infatti, sono impiegate le stesse classi di antibiotici usati in medicina umana; pertanto, questi possono trasmettere batteri resistenti agli stessi antibiotici usati per trattare le infezioni umane.
In Italia, i dati della resistenza agli antibiotici nei batteri isolati da casi umani sono raccolti dalla sorveglianza Enter-Net Italia coordinata dall’Istituto Superiore di Sanità, mentre i dati dagli animali sono raccolti dal Centro di referenza per l’antibiotico-resistenza in batteri di origine animale (Crab), presso l’Istituto zooprofilattico sperimentale di Lazio e Toscana.
Dai dati presentati nel report congiunto Efsa/Ecdc emerge che la resistenza agli antibiotici negli isolati da casi umani di Salmonella è un fenomeno diffuso, anche se con proporzioni variabili tra Stato e Stato. In Italia questo fenomeno si presenta in modo rilevante, collocando il nostro Paese ai primi posti come frequenze di isolati resistenti.
Negli animali la resistenza agli antibiotici varia tra i diversi Paesi e tra le diverse specie animali, presentandosi particolarmente elevata negli isolati di Salmonella da tacchino. Questo rilievo è di particolare importanza considerando che in Italia l’allevamento del tacchino su scala industriale è una quota molto importante della zootecnia.
La resistenza in Campylobacter isolati da casi umani è risultata frequente, soprattutto nei confronti di antibiotici quali ampicillina, ciprofloxacina, acido nalidixico e tetracicline, mentre è ancora poco diffusa la resistenza all’eritromicina. Anche in questo caso, l’Italia si colloca con i Paesi che hanno i livelli più elevati di resistenza.
Considerando la situazione negli animali, gli isolati di Campylobacter da specie avicole, suini e bovini hanno evidenziato elevati livelli di resistenza, soprattutto a ciprofloxacina, acido nalidixico e tetracicline.
Le “Linee guida per la promozione dell’uso prudente degli antimicrobici negli allevamenti zootecnici per la prevenzione dell’antimicrobico-resistenza e proposte alternative”, elaborate dalla Sezione per la Farmacosorveglianza sui medicinali veterinari del Comitato tecnico per la nutrizione e la sanità animale istituito presso il Ministero per la Salute (Decreto ministeriale del 30 marzo 2016), forniscono indicazioni utili per prevenire l’uso inappropriato di antimicrobici che, in medicina veterinaria, rappresenta un rischio concreto per la salute animale, per gli allevatori ed è responsabile sia della riduzione delle produzioni che dell’inefficienza degli allevamenti.
Il documento è una guida pratica per le Autorità competenti, i medici veterinari liberi professionisti e gli operatori di settore e riporta indicazioni per la riduzione dell’uso inappropriato di medicinali antimicrobici, per un approccio prudente e conscio per la salute degli animali, degli allevamenti e quindi dei consumatori. La stretta osservanza dei principi contenuti nelle linee guida, inoltre, può massimizzare il numero di animali sani, riducendo al minimo la necessità di ricorrere all’impiego di antimicrobici.
Tra i suggerimenti forniti: il non uso degli antibiotici per fini preventivi, il loro utilizzo solo al seguito di accurati accertamenti diagnostici, curare la salute degli animali, adottare programmi vaccinali aziendali per la prevenzione delle malattie.
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