Suini
27 Dicembre 2023 Uno studio ha analizzato la presenza di Escherichia coli nell’intera filiera alimentare suina, dalle fasi di produzione al consumatore. Feci, carcasse e prodotti carnei sono stati analizzati per valutarne i profili di antibiotico resistenza
Uno studio condotto dall’Università di Parma in collaborazione con le Ausl di Reggio Emilia e Modena ha analizzato la presenza di Escherichia coli antibiotico resistenti nella filiera alimentare della carne suina, seguendo una prospettiva from farm to fork, dalle feci dei suini fino ai salumi.
L’indagine
Tra il 2020 e il 2022, sono stati raccolti 245 campioni di feci, 225 tamponi di carcasse e oltre 80 campioni tra carni fresche, prodotti stagionati e fermentati, da 8 diversi allevamenti situati nelle province di Modena e Reggio Emilia. Da questi sono stati isolati e identificati gli E. coli, poi testati per l’antibiotico resistenza verso una serie di molecole critiche per la salute umana.
I risultati ottenuti mostrano alti livelli di resistenza al sulfametossazolo (60% degli isolati fecali e da carcasse e 36% da prodotti carnei), alla tobramicina (rispettivamente 50%, 40% e 30%) e gentamicina (30%, 20% e 11%). Minore diffusione è stata rilevata per cefalosporine, carbapenemi, colistina e tigeciclina. 12 filiere mostravano similitudini genetiche tra isolati fecali, di carcasse e carni.
I risultati
Questi dati, in linea con i rapporti Efsa/Ecdc, confermano il rischio di trasmissione di batteri antibiotico resistenti dalla filiera suina al consumatore. In particolare, la carne fresca sembra maggiormente coinvolta rispetto ai prodotti stagionati e fermentati. La trasformazione (stagionatura o fermentazione) è sicuramente un processo tecnologico idoneo per il contenimento del fenomeno. Ciò sottolinea l’importanza di comunicare efficacemente questo rischio ai consumatori, dei quali meno della metà riconosce il ruolo della carne.
In sintesi, lo studio fornisce utili informazioni per i veterinari. L’antibiotico resistenza nei suini da carne è un problema emergente da non sottovalutare. Il monitoraggio sistematico con metodi standardizzati è essenziale per seguirne l’evoluzione. Fondamentale è quindi il ruolo del veterinario nel guidare l’allevatore verso un uso prudente e mirato degli antibiotici, la corretta gestione igienico-sanitaria degli allevamenti e il controllo di eventuali infezioni.
La riduzione dell’antibiotico resistenza parte, infatti, dagli animali da reddito. Una sfida in ottica One Health che necessita della massima collaborazione tra medici veterinari, autorità sanitarie e tutti gli attori della filiera.
A cura di Francesca Innocenzi
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