Ricerca
31 Gennaio 2025Una ricerca dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo dimostra che il succo di carne può individuare il virus della Peste suina africana, semplificando il processo diagnostico anche al macello
Una ricerca condotta dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo (Izsam), pubblicata sul Journal of Virological Methods, ha dimostrato l’efficacia del meat juice (succo di carne) come materiale diagnostico per rilevare il virus responsabile della Psa. Grazie all’applicazione della real-time PCR, i ricercatori hanno validato un metodo rapido, economico e affidabile che potrebbe migliorare il monitoraggio della malattia, proteggendo l’industria suinicola e semplificando i controlli nei macelli.
Dal 2007, un’epidemia del genotipo 2 di African Swine Fever Virus (Asfv), appartenente alla famiglia Asfarviridae e altamente aggressivo, si è diffusa rapidamente dalla Georgia fino all’Europa, arrivando anche in Asia e nelle isole Caraibiche, e rendendo necessario lo studio di nuove strategie per il contenimento della malattia, a partire dalla disponibilità di metodi rapidi ed efficaci per l’individuazione del virus.
Con questo obiettivo, i ricercatori dell’Izsam hanno impiegato la real-time PCR (rt-PCR) – un metodo tradizionalmente usato per amplificare e rilevare il genoma dei microrganismi in campioni biologici – applicandola ai succhi di carne.
Il succo di carne, che si genera a seguito della trasudazione passiva (un fenomeno complesso non ancora completamente compresso), può essere utilizzato per il rilevamento di numerosi agenti patogeni virali, protozoari e batterici dei suini. È spesso scambiato per sangue, ma il suo colore rosso è dovuto alla mioglobina e non all’emoglobina. Oltre alla mioglobina, il succo di carne contiene acqua, enzimi glicolitici, aminoacidi e numerose vitamine idrosolubili. A seconda del muscolo o della parte anatomica da cui proviene, possono essere presenti anche tracce di sangue contaminante.
Il metodo oggi più utilizzato per la conferma in laboratorio della Psa prevede l’analisi di campioni di sangue, di siero o di organi, spesso difficili da reperire. Lo studio condotto dall’Istituto, in collaborazione con la Facoltà di Medicina Veterinaria e l’Institute for Diagnosis and Animal Health, entrambi in Romania, propone invece l’uso del succo di carne come alternativa per il rilevamento del virus.
Il succo era già stato utilizzato in passato per rilevare la presenza di altre malattie, come la Peste suina classica e l’Afta Epizootica.
“Basandoci su studi precedenti – spiega Marta Cresci, ricercatrice dell’Izs di Teramo e prima autrice della ricerca – siamo riusciti a dimostrare come il DNA di ASFV, se presente, sia facilmente individuabile nei succhi di carne dei suini, rendendo possibile la rilevazione del virus anche nei casi in cui campioni di organi o sangue non siano disponibili”.
L’esperimento, focalizzato su un gene virale specifico, p72, è stato condotto su 55 maiali infetti provenienti da un focolaio in Romania e 73 maiali sani provenienti dall’Abruzzo. Sono stati messi a confronto due tipi di campioni: il tradizionale tessuto proveniente dalla milza e i fluidi estratti dal muscolo diaframmatico. I ricercatori hanno così potuto confrontare gli esami condotti sulle due diverse matrici, confermando la validità del succo di carne. Nonostante la carica virale presente negli estratti risulti leggermente più bassa, la nuova metodologia ha permesso di individuare fino al 90% dei casi positivi al genotipo virale 2 (il ceppo predominante in Europa, noto per la sua elevata virulenza) in pool di dieci campioni. Questo rende il succo di carne un’alternativa efficace, economica e rapida rispetto alle matrici tradizionali.
Inoltre, l’uso dei fluidi estratti dalla carne permette di svolgere diagnosi rapide della Psa anche in condizioni non controllate, come per esempio “sul campo”, costituendo uno strumento di monitoraggio più ampio della malattia.
CITATI: MARTA CRESCI, PAOLO CALISTRI“Considerata l’assenza di un vaccino o di farmaci efficaci contro la malattia – sottolinea Paolo Calistri, Responsabile del Laboratorio Epidemiologia e Sanità Pubblica dell’Istituto – una diagnosi tempestiva, realizzata attraverso strumenti affidabili come la rt-PCR applicata al succo di carne, può rappresentare uno strumento molto utile per contenere la diffusione del virus e tutelare l’industria suinicola”.
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