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Parassitosi

08 Giugno 2023

Filariosi cardiopolmonare nel cane e nel gatto, ospiti definitivi e accidentali di Dirofilaria immitis

La filariosi cardiopolmonare è una malattia parassitaria trasmessa dalle zanzare che può portare a morte se non prontamente diagnosticata e curata. La profilassi ha un’efficacia del 100% se correttamente somministrata.

di E. Spada


Filariosi cardiopolmonare nel cane e nel gatto, ospiti definitivi e accidentali di Dirofilaria immitis

Le filarie sono parassiti nematodi che infestano il tessuto connettivo e il sistema cardiocircolatorio di numerosi mammiferi, principalmente trasmesse da zanzare appartenenti ai generi Aedes, Anopheles e Culex (1) (Immagine 1).

Dirofilaria immitis è la specie più patogena ed è l’agente causale della filariosi cardiopolmonare del cane (2). Gli ospiti definitivi di D. immitis sono i canidi come cane, lupo e volpe, ma possono essere infettate anche altre specie animali, che fungono da ospiti accidentali, come gatto, furetto e nutria (1). Nella zanzara, le microfilarie di D. immitis maturano fino allo stadio infestante L3 e vengono trasmesse durante il pasto di sangue all’ospite vertebrato, nel quale migrano fino a raggiungere arterie polmonari e cuore, dove diventano parassiti adulti in grado di riprodursi e rilasciare nuove microfilarie che, dal torrente circolatorio, verranno nuovamente assunte da altre zanzare durante il pasto di sangue.


D. immitis è endemica in molte parti del mondo. In Italia per molti anni è stata considerata endemica esclusivamente nelle regioni del nord Italia, in particolare nelle aree della pianura padana, zona ideale per la sopravvivenza delle zanzare. Un recente studio che ha analizzato la prevalenza dell’infestazione da D. immitis nei cani in Italia tra il 2009 e il 2019, ha riportato le prevalenze maggiori nelle regioni centrali, seguite da quelle meridionali e settentrionali: la positività complessiva alla dirofilariosi canina, infatti, è risultata del 2,8% nel nord Italia, 7,7% nel centro Italia e del 4,9% nel sud Italia e isole, con variazioni significative nel corso degli anni, aumentando gradualmente dallo 0,7% nel 2009 all'8,4% nel 2016-17(1).

Questi dati dimostrano che anche l’epidemiologia della dirofilariosi canina è cambiata, diffondendosi in centro e sud Italia, analogamente a quanto accaduto per la leishmaniosi canina, che si è diffusa e radicata nelle regioni del nord Italia (1). Come per molte altre malattie trasmesse da vettore, anche per la diffusione della filariosi cardiopolmonare hanno giocato un ruolo fondamentali alcuni fattori come:

I) i cambiamenti ambientali e climatici che hanno favorito presenza, diffusione e attività delle zanzare e sopravvivenza di nuove specie ad attività diurna, con aumento del rischio di infestazione;

II) il maggiore spostamento di animali infetti, che ha portato la filariosi in aree non endemiche;

III) l'assenza di misure di chemioprofilassi nella popolazione canina, routinariamente utilizzate nelle aree endemiche del Nord Italia, ma non nelle aree non endemiche.

Nei gatti l'infestazione da D. immitis è segnalata molto più raramente rispetto che nel cane e questo a causa della maggiore resistenza di questa specie nei confronti dell’infezione, dimostrata da un lungo periodo di prepatenza, dallo sviluppo di un numero inferiore di parassiti adulti, con un ciclo vitale più breve, in grado di raggiungere sedi ectopiche rispetto a quelle bersaglio, dalla microfilaremia raramente presente, e quando presente, caratterizzata da un numero esiguo di parassiti (3).

La dirofilariosi felina è presente nelle aree ad elevata endemia nella specie canina, dove la prevalenza è di circa un decimo di quella che si osserva nel cane (2). Mancano però informazioni precise sulla sua diffusione nei gatti e si ritiene che i tassi di prevalenza nella specie felina oscillino dal 9 al 18% di quelli nella popolazione canina della stessa area. Un recente studio ha riscontrato un prevalenza del 7,3% in 206 gatti, quasi tutti asintomatici, di Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino Alto Adige (4).  

La filariosi cardiopolmonare è una malattia grave e potenzialmente mortale se non curata. Nel cane si manifesta inizialmente con tosse, seguita da dispnea, debolezza e sincope. Con il progredire dell’infezione, si instaura un’insufficienza cardiaca congestizia destra con comparsa di ascite, edemi, anoressia e perdita di peso. Nei cani di piccola taglia può verificarsi la sindrome della vena cava, con dispnea, murmure tricuspidale ed emoglobinuria. La maggior parte dei gatti infetti è asintomatica o paucisintomatica e può andare incontro a guarigione spontanea, ma, nel contempo, alcuni soggetti sviluppano forme con andamento iperacuto, con tosse, dispnea, emottisi, vomito e anche morte improvvisa, che può verificarsi anche in soggetti apparentemente asintomatici.  

Nel cane la diagnosi di dirofilariosi avviene tramite identificazione nel sangue delle microfilarie (Immagine 2) e degli antigeni dei parassiti adulti di sesso femminile, entrambi test che possono essere eseguiti in tempi rapidi in ambito ambulatoriale, mentre per differenziare le varie specie di filaria è necessaria una valutazione morfologica citologica o un test biomolecolare (PCR).


Nei soggetti che risultano positivi è necessario stadiare la gravità dell’infezione tramite indagini radiografiche ed ecocardiografiche. Sfortunatamente, la filariosi cardiopolmonare è difficile da diagnosticare nei gatti: le microfilarie tendono a morire prima di raggiungere lo stadio adulto e, quando presenti, sono in numero esiguo, mentre l’identificazione dei parassiti adulti può dare risultati falsamente negativi per la bassa carica infestante, la presenza di soli parassiti maschi o di forme immature. Per questi motivi, nel gatto è più utile la ricerca degli anticorpi circolanti rivolti verso D. immitis, rilevabili precocemente 3-4 mesi dopo l'infezione (4), anche se questi test non sono ampiamente disponibili.

Per questo l’ecocardiografia, che permette la visualizzazione diretta dei parassiti nel cuore destro e nell’arteria polmonare principale, rimane l’esame più utile nel caso di sospetto di filariosi cardiopolmonare felina (2).

Nel cane l’eliminazione dei parassiti adulti avviene con l’impiego di melarsomina dicloridrato, somministrata con due iniezioni a distanza di due mesi circa per ridurre il rischio di tromboembolismo polmonare. Le complicazioni dovute al tromboembolismo polmonare possono essere ulteriormente ridotte limitando l’esercizio fisico del cane per 30-40 giorni dopo il trattamento e con la somministrazione di eparina e glucocorticoidi. La rimozione chirurgica delle macrofilarie è invece raccomandata ogni volta che i parassiti sono presenti nel cuore destro, con insorgenza della sindrome della vena cava. Non ci sono prodotti adulticidi registrati per l’uso nella specie felina, nella quale per ridurre l’insufficienza respiratoria conseguente alla presenza dei parassiti, viene utilizzata la terapia cortisonica a dosaggi immunosoppressivi. Poiché le filarie veicolano il batterio Gram-negativo Wolbachia, responsabile di un’azione infiammatoria, è sempre necessario associare alla terapia antifilaria anche un trattamento antibiotico con doxiciclina (2).  

Data la gravità della sintomatologia determinata dell’infestazione da filaria, la complessità della terapia nel cane e della diagnosi nel gatto, risulta evidente l’importanza della prevenzione di questa parassitosi tramite la somministrazione mensile di lattoni macrociclici, che, in formulazione topica, orale o per via iniettabile, sono efficaci nel prevenire lo sviluppo delle larve a parassiti adulti.

La loro somministrazione deve avvenire all’inizio della stagione dei vettori ed essere proseguita fino al tardo autunno, da maggio a novembre compreso alle nostre latitudini (2,3).

Il concomitante impiego alla chemioprofilassi per la filariosi cardiopolmonare, di molecole in grado di repellere insetti ematofagi come zanzare e flebotomi, può ridurre ulteriormente il rischio di contrarre la filariosi, anche se non può essere ritenuta sufficiente da sola per la prevenzione della filariosi cardiopolmonare.

Bibliografia


1.          Mendoza-Roldan J, Benelli G, Panarese R, Iatta R, Furlanello T, Beugnet F, et al. Leishmania infantum and Dirofilaria immitis infections in Italy, 2009-2019: Changing distribution patterns. Parasites and Vectors. 2020;13:193.

2.         ESCCAP European Scientific Counsel Companion Animal Parasites. Controllo delle malattie trasmesse da vettori nel cane e nel gatto. [Internet]. ESCAAP Linea Guida 5. 2016. p. 1–52. Available from: https://www.esccap.it/uploads/documenti/7876728.pdf

3.         Pennisi MG, Tasker S, Hartmann K, Belák S, Addie D, Boucraut-Baralon C, et al. Dirofilarioses in cats: European guidelines from the ABCD on prevention and management. J Feline Med Surg. 2020;22(5):442–51.

4.         Grillini M, Frangipane di Regalbono A, Tessarin C, Beraldo P, Cassini R, Marchiori E, et al. Evidence of Dirofilaria immitis in Felids in North-Eastern Italy. Pathogens. 2022;11:1216.

TAG: FILARIOSI CARDIOPOLMONARE, PARASSITOSI, PROFILASSI, ZANZARE

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