Parassitosi
08 Giugno 2023 Temperature in aumento e precipitazioni ridotte, le conseguenze del cambiamento climatico sulle infezioni trasmesse da artropodi come zecche e zanzare.
Mai sottovalutarli perché piccoli (a volte non superano i pochi millimetri) e invertebrati. Gli artropodi, infatti, come zanzare, zecche e flebotomi, possono diventare molto pericolosi per l’uomo e per gli altri animali. E questo per la loro specifica predisposizione a farsi vettori di organismi patogeni (virus, batteri, protozoi e metazoi) di cui diventano il veicolo biologico d’elezione nel passaggio da un ospite all’altro. Due le classi degli artropodi da guardare con particolare attenzione: quella degli aracnidi e quella degli insetti. All’interno della prima solo gli acari hanno un rilievo sanitario (come le zecche Ixodidi, principali vettori di agenti patogeni, virali e batterici, in Europa), mentre gli insetti offrono un ventaglio più ampio da monitorare: Blattidi, Emitteri, Afanitteri e Anopluri e Ditteri. Questi ultimi, nello specifico, includono i vettori delle principali malattie o patologie infettive: quali la malaria (zanzare del genere Anopheles), le leishmaniosi (flebotomi), le tripanosomiasi africane (mosche tse tse), le filariosi (diverse specie di ditteri), e molte gravi infezioni da arbovirus, quali la febbre gialla e la dengue (zanzare del genere Aedes).
Artropodi, distinzione
In base al danno provocato nell’ospite gli artropodi vengono anche classificati in:
- Molesti: che arrecano molestia con la loro puntura (es. zanzare) o con la sola presenza.
- Ectoparassiti temporanei: pulci, cimici, zecche
- Ectoparassiti obbligati: pidocchio del capo e l’acaro della scabbia.
- Ematofagi (che si cibano del sangue), a loro volta distinti in fast feeders come le zanzare e slow feeders come le zecche.
In base alla modalità a trasmettere all’uomo e agli animali agenti patogeni responsabili di malattie vengono definiti:
- Vettori biologici: quegli artropodi all’interno dei quali l’agente patogeno obbligatoriamente si moltiplica o compie un ciclo di sviluppo (zanzare, flebotomi, zecche, ecc.), per poi essere trasmesso all’ospite, per via dermica, ematica o linfatica. Particolarmente pericolosi risultano quegli artropodi in grado di cibarsi sia del sangue degli esseri umani che di quello degli animali, trasmettendo così all’uomo le zoonosi di cui gli animali sono dei serbatoi.
- Attori (o vettori meccanici): quegli artropodi, come le mosche e le blatte, che dopo essersi contaminati su liquami o feci, trasportano i patogeni nel cibo dell’uomo (che quindi contrae l’infezione per via alimentare).
Cambiamento climatico, quale effetto sugli artropodi?
Le malattie trasmesse da artropodi sono considerate tra le più sensibili ai mutamenti climatici e ambientali. Un alert in questo senso è stato già diramato nel 1990 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Oggi il costante aumento delle temperature, che gli esperti ritengono possa attestarsi nel 2100 a +2 °C, rende il tema di strettissima attualità, in quanto potrebbe favorire l’introduzione e la diffusione di malattie infettive, tipicamente tropicali o subtropicali, in Paesi a clima temperato. La variazione del clima, infatti, può creare condizioni favorevoli ad una specie in aree dove prima essa non era in grado di vivere stabilmente, favorendo così sia lo spostamento latitudinale sia quello altitudinale di una determinata specie dal suo areale d’origine. Come è stato recentemente documentato, in Europa, per le zecche della specie Ixodes ricinus, vettori del patogeno responsabile del morbo di Lyme e dell’encefalite mediata da zecche (TBE) e, in Nord America per la zecca Ixodes scapularis, anch’essa vettore dell’agente infettivo del morbo di Lyme e di quello della babesiosi. La variabilità climatica, infine, influisce anche su malattie come la leptospirosi: in Corea del Sud, si è visto che ad un aumento di 1°C nelle temperature minime corrispondeva infatti un incremento del 22,7% dei casi di leptospirosi umana favorita anche dall’aumento della radiazione solare.
La situazione in Italia. Qualche accenno
L’Italia, come sottolineato da Roberto Romi Del Dipartimento di Malattie Infettive, Parassitarie ed Immunomediate, Istituto Superiore di Sanità*- è particolarmente interessata agli effetti del cambiamento climatico sugli artropodi, proprio per la sua collocazione geografica di trait d’union fra Africa ed Europa. Nel nostro Paese gli artropodi di interesse medico, perché potenziali o provati vettori di agenti patogeni per l’uomo, sono rappresentati da alcune specie di zanzare (Culicidi) e di flebotomi (Psicodidi) e da alcune zecche dure (Ixodidi). Quanto agli effetti che i cambiamenti climatici (conseguenti a un aumento della temperatura e una riduzione delle precipitazioni) possono avere su di essi, Romi individua 6 punti:
– ampliamento dell’areale di distribuzione dei vettori indigeni;
– riduzione della durata dei cicli di sviluppo dei vettori indigeni;
– riduzione dei tempi di riproduzione/replicazione del patogeno nell’artropode;
– prolungamento della stagione idonea alla trasmissione degli agenti patogeni;
– importazione e adattamento di nuovi artropodi vettori;
– importazione e adattamento di nuovi agenti patogeni attraverso vettori o serbatoi.
Tra gli esempi più attuali, in grado di illustrare alcuni di questi sei scenari, ricordiamo quello delle filariosi: il riscaldamento globale, infatti, sta prolungando la durata della stagione di attività delle zanzare e di trasmissione del parassita da loro trasmesso Dirofilaria immitis, responsabile, soprattutto nel cane, di una grave malattia fatale se non curata, ovvero la dirofilariosi cardiopolmonare, favorendone contemporaneamente l’espansione verso nord: dall’area endemica in Pianura Padana, ha infatti raggiunto le regioni alpine. E non basta, sempre in conseguenza del cambiamento climatico, in alcune regioni dell’Italia settentrionale sono stati registrati casi di encefalite virale da zecche (TBE, Tick-Borne Encephalitis) mai riscontrati prima nel nostro Paese. E in alcune regioni italiane si sono verificati numerosi casi di meningiti o encefaliti virali. In centro Italia, si è diffuso il poco conosciuto virus Toscana (TOSV), che prende il nome della regione in cui è stato isolato all’inizio degli anni ’70, e viene trasmesso da due specie di pappataci (Phlebotomus perniciosus e il P. perfiliewi) ed è stato associato a casi di meningite e di meningoencefalite nell'uomo. L’andamento stagionale dei casi di TOSV risente di diversi fattori che vanno dai processi di urbanizzazione a quelli metereologici. I cambiamenti climatici influiscono sulla distribuzione geografica di molte specie di flebotomi che si sono diffuse nell’ultimo decennio anche nel Nord Europa. Anche la leishmaniosi canina, sostenuta da Leishmania infantum, infezione un tempo presente quasi esclusivamente nelle regioni costiere del sud Italia, oggi si è diffusa ed è presente in molte regioni del nord Italia e questo grazie ai vettori flebotomi che hanno trovato un clima più mite, favorevole alla loro sopravvivenza.
Nella diffusione di questa infezione ha giocato un ruolo importante anche la crescente movimentazione, sia in Italia che in Europa, di cani, che se infetti, hanno portato l’agente infettivo in aree precedentemente indenni. In questa prospettiva, caratterizzata da un costante variabilità, dunque, due sono gli accorgimenti imprescindibili da adottare:
*Malattie trasmesse da artropodi vettori e cambiamenti climatici - di Roberto Romi - Rapporti ISTISAN
08/06/2023
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