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31 Ottobre 2025

Influenza aviaria, ceppo H9N2 potrebbe scatenare la prossima pandemia

Considerato finora un virus “minore”, l’H9N2 mostra segni di adattamento all’uomo. Secondo uno studio dell’Università di Hong Kong, richiede una sorveglianza più attenta per evitare nuovi rischi pandemici

di Redazione Vet33


Influenza aviaria, ceppo H9N2 potrebbe scatenare la prossima pandemia

Mentre l’attenzione internazionale resta concentrata sul virus dell’influenza aviaria H5N1, un altro ceppo potrebbe rappresentare una minaccia emergente per la salute pubblica. Secondo i ricercatori dell’Università di Hong Kong, il virus H9N2 si è progressivamente adattato a infettare gli esseri umani, mostrando mutazioni genetiche che ne aumenterebbero la capacità di legarsi alle cellule respiratorie. L’allarme è stato lanciato durante il Pandemic Research Alliance International Symposium di Melbourne e pubblicato sulla rivista Emerging Microbes & Infections.

Un “virus minore” da non sottovalutare

Il ceppo H9N2, diffuso principalmente nel pollame asiatico, è da tempo considerato a bassa patogenicità. Tuttavia, dal 1998 a oggi ha causato almeno 173 infezioni umane documentate, soprattutto in Cina.
Secondo Kelvin To, microbiologo dell’Università di Hong Kong, si tratta del secondo ceppo più comune di influenza aviaria che infetta l’uomo, ma riceve scarsa attenzione a livello globale. 
Anche Michelle Wille, virologa che studia l’influenza aviaria presso il Peter Doherty Institute for Infection and Immunity di Melbourne, sostiene che questo ceppo potrebbe essere più diffuso di quanto pensiamo. Probabilmente le infezioni passano inosservate perché non provocano infezioni gravi o ricoveri ospedalieri, oppure perché le persone vengono sottoposte solo al test per l’H5N1.

Mutazioni che aumentano l’affinità per l’uomo

Analizzando campioni di virus H9N2 raccolti nel 2024, i ricercatori hanno osservato mutazioni genetiche che lo rendono più efficiente nel legarsi ai recettori delle cellule umane rispetto a campioni storici dello stesso (raccolti, per esempio, nel 1998). In particolare, il gruppo di To ha scoperto che questi cambiamenti genetici sono iniziati già intorno al 2015. 
Finora non esistono prove di una trasmissione sostenuta tra persone, ma gli scienziati avvertono che il virus potrebbe acquisire questa capacità attraverso ulteriori mutazioni.

La necessità di rafforzare la sorveglianza

Secondo Wille, è necessario potenziare la sorveglianza e la comunicazione sui ceppi considerati a bassa patogenicità, come l’H9N2, anche tra i mammiferi a stretto contatto con gli uccelli selvatici o il pollame. Ciò aiuterebbe molto gli scienziati. La mancanza di obblighi di notifica internazionale per questi ceppi rende, infatti, più difficile individuare precocemente segnali di adattamento zoonotico.
In passato, altre ricerche hanno trovato materiale genetico dell’H9N2 tra i virus che hanno causato epidemie di aviaria negli esseri umani. Questi studi servono a prepararci all’eventualità che questi virus aumentino la loro capacità di adattarsi all’uomo e a prepararci a rispondere in modo più efficace e tempestivo alla prossima pandemia.

CITATI: KELVIN TO, MICHELLE WILLE
TAG: BASSA PATOGENICITà, H9N2, INFLUENZA AVIARIA, PANDEMIA, UNIVERSITà DI HONG KONG

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