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15 Gennaio 2024 La lista rossa globale della Iucn comprende ora 157.190 specie minacciate, di cui 44.016 sono a rischio di estinzione. Presentata anche la prima valutazione sulle specie dei pesci di acqua dolce
Il cambiamento climatico minaccia un numero sempre più crescente di specie, dal salmone atlantico alle tartarughe verdi. Lo rivela l’aggiornamento della Lista Rossa IUCN delle specie minacciate, pubblicato in occasione della COP28, la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite tenutasi a Dubai lo scorso dicembre.
L’aggiornamento della lista IUCN
L’aggiornamento pubblicato include anche la prima valutazione globale dei pesci d’acqua dolce, che evidenzia l’impatto sulle specie di diversi fenomeni, tra cui disboscamento e commercio illegali. Inoltre, si osserva che gli sforzi di conservazione degli ultimi anni sono riusciti a mettere in sicurezza alcune specie, come le antilopi, dal pericolo dell’estinzione, anche se il cambiamento climatico potrebbe minarne il futuro.
“Il cambiamento climatico sta minacciando la biodiversità del nostro Pianeta e mette in crisi la capacità della natura di soddisfare i bisogni umani fondamentali”, ha affermato la dott.ssa Grethel Aguilar, Direttore generale dell’IUCN. “Questo aggiornamento della Lista Rossa IUCN evidenzia i forti legami tra crisi climatica e crisi della biodiversità, problemi che devono essere affrontati congiuntamente. Il declino delle specie è un esempio delle emergenze provocate dal cambiamento climatico, che abbiamo il potere di fermare con un’azione urgente e ambiziosa per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi Celsius”.
“L’aggiornamento della Lista Rossa IUCN mostra il potere degli sforzi di conservazione a livello locale, nazionale e internazionale. Storie di successo come quella dell’orice dalle corna a scimitarra dimostrano che le attività di tutela funzionano. Per garantire che i risultati delle azioni di conservazione siano durevoli, occorre affrontare con decisione interconnessi tra la crisi climatica e quella della biodiversità” ha affermato Razan Al Mubarak, Presidente dell’IUCN.
Pesci d'acqua dolce
L’aggiornamento, come si è detto, contiene la prima valutazione completa delle specie di pesci d’acqua dolce, e rivela che il 25% (3.086 su 14.898 specie valutate) è a rischio di estinzione. Almeno il 17% delle specie ittiche d’acqua dolce minacciate sono colpite dai cambiamenti climatici. Tra le cause principali di rischio vi sono la diminuzione del livello dell’acqua di fiumi e laghi e il contemporaneo innalzamento del livello del mare, che causano l’ingresso dell’acqua salata nei fiumi (cuneo salino); il cambiamento delle stagioni.
A ciò si aggiungono:
Esempi di specie a rischio
Il salmone atlantico (Salmo salar) è passato dallo stato di minima preoccupazione allo stato di quasi a rischio, con la sua popolazione globale che è diminuita del 23% tra 2006 e 2020. Ora si trova solo in una piccola parte dei fiumi che abitava un secolo fa tra Nord Europa e Nord America. Il cambiamento climatico ha, infatti, colpito tutte le fasi del suo ciclo di vita, influenzando lo sviluppo dei giovani esemplari, riducendo la disponibilità di prede e lasciando espandere le specie esotiche invasive; dighe o altre barriere bloccano l’accesso alle principali zone di deposizione uova e di alimentazione, mentre l’inquinamento e la sedimentazione delle acque, dovuti soprattutto al disboscamento e all’agricoltura, portano a una mortalità maggiore. A ciò si aggiungono anche gli allevamenti, che indeboliscono la loro capacità di adattarsi, e la diffusione dei pidocchi del salmone (Lepeophtheirus salmonis). Inoltre, una minaccia crescente e sempre più significativa è rappresentata dal salmone rosa del Pacifico (Oncorhynchus gorbuscha), specie invasiva che si sta diffondendo rapidamente in tutta l’Europa settentrionale.
Anche le popolazioni di tartarughe verdi (Chelonia mydas) del Pacifico centro-meridionale e del Pacifico orientale sono rispettivamente in pericolo di estinzione e vulnerali. Il cambiamento climatico rappresenta una minaccia durante tutto il loro ciclo di vita, poiché le alte temperature si traducono in un minore successo della schiusa, l’innalzamento del livello del mare minaccia di allagare i nidi e di annegare i piccoli, e le piante marine di cui si nutrono sono sensibili al riscaldamento degli oceani e ai cambiamenti nell’ambiente. Senza dimenticare che una delle principali cause di mortalità è la cattura accidentale dovuta a pesca industriale e artigianale.
Esempi di successo
Al contrario dei precedenti esempi, l’orice dalle corna a sciabola (Oryx dammah) è passata dalla categoria di estinto in natura a quella di in pericolo, grazie agli sforzi di conservazione che hanno reintrodotto la specie in Ciad. Un tempo comune nella regione africana del Sahel, quest’antilope è scomparsa alla fine degli anni Novanta a causa di bracconaggio ed estrema siccità. Seguendo un progetto internazionale di lunga data, questa specie di antilope si è ora stabilizzata allo stato selvatico. Il supporto delle autorità nazionali e delle comunità locali ha svolto un ruolo essenziale nel successo del progetto, ma la sopravvivenza della specie dipende soprattutto dalla continua protezione contro il bracconaggio. Inoltre, il cambiamento climatico nel Sahel rimane una possibile minaccia per il suo futuro.
La saiga, o antilope delle steppe (Saiga tatarica), che vive in Kazakistan, Mongolia, Russia e Uzbekistan, è passata da specie in pericolo critico a prossima alla minacciata. La sua popolazione in Kazakistan – circa il 98% di tutta la specie – è aumentata del 1.100% tra 2015 e 2022, raggiungendo 1,3 milioni nel maggio 2022. Si tratta di una specie molto suscettibile alle epidemie, che soffre di eventi di mortalità di massa. Nel 2015, per esempio, un elevato tasso di mortalità è stato probabilmente innescato da temperature e umidità anomale, condizioni che potrebbero diventare più frequenti con il cambiamento climatico. Inoltre, l’aumento di bestiame domestico e il conseguente potenziale incremento di malattie trasmissibili, il rischio di future epidemie, e il bracconaggio per corna e carne rappresentano forti possibilità di declino della specie. Al contrario, il miglioramento del suo status è il risultato di ampie misure anti-bracconaggio, programmi educativi, formazione di funzionari doganali e di frontiera, azioni contro la vendita illegale.
“L’orice dalle corna a sciabola è il quarto grande mammifero a essere stato reintrodotto con successo in natura negli ultimi 100 anni. Il successo di questo progetto e la straordinaria ripresa della saiga sono il risultato di una visione strategica, di forte impegno e investimento da parte del governo, del supporto tecnico da parte di organizzazioni non governative ed esperti scientifici e della collaborazione con le comunità locali” ha affermato il dottor David Mallon, Co-Presidente del gruppo specialistico sulle antilopi dell’IUCN SSC.
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