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12 Gennaio 2024

Influenza aviaria, area subantartica: confermati altri casi in mammiferi

Per la prima volta i ricercatori hanno rilevato la presenza di influenza aviaria ad alta patogenicità nei mammiferi dell’area sub-antartica, sollevando timori che il virus possa diffondersi e minacciare vaste popolazioni di fauna selvatica nella Regione

di Redazione Vet33


Influenza aviaria, area subantartica: confermati altri casi in mammiferi

L’influenza aviaria è stata rivelata per la prima volta tra le popolazioni di foche ed elefanti marini nell’isola subantartica della Georgia del Sud, come confermato giovedì 11 gennaio da un team di scienziati. L’attuale epidemia mondiale di H5N1, iniziata nel 2021, ha già ucciso milioni di uccelli negli allevamenti di pollame e gli scienziati temono un impatto devastante sulla fauna selvatica antartica.


I precedenti
Gli scienziati hanno sospettato la presenza dell’influenza aviaria vicino all’Antartide per la prima volta nell’ottobre 2023, in seguito alla morte di diversi uccelli marini sull’Isola di Bird, parte del territorio d’oltremare britannico della Georgia del Sud e delle Isole Sandwich Australi. Poco tempo dopo hanno iniziato a morire in massa gli elefanti marini.
 A dicembre, gli scienziati della British Animal and Plant Health Agency (Apha) e del British Antarctic Survey (Bas) hanno trascorso tre settimane nelle isole colpite, raccogliendo campioni di mammiferi e uccelli morti.  

I nuovi casi
Gli esiti dei test effettuati sui campioni, arrivati lo scorso giovedì, hanno rilevato positività all’influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI H5N1) in elefanti marini, foche, stercorari bruni, gabbiani del Kelp e sterne antartiche.
“Poiché l’Antartide è un hotspot di biodiversità unico e speciale, è triste e preoccupante vedere che la malattia si diffonde tra i mammiferi della regione”, ha affermato il professor Ian Brown, direttore dei servizi scientifici dell’Apha, aggiungendo che popolazioni molto grandi di uccelli e mammiferi marini potrebbero essere messe a rischio.
I campioni analizzati indicano che il virus è stato probabilmente introdotto nella Georgia del Sud dagli uccelli migratori provenienti dal Sud America. “Le foche, che notoriamente si nutrono di cibo, possono infettarsi quando consumano carcasse di uccelli infetti”, ha commentato l’ecologo Alastair Ward dell’Università di Leeds.
La Bas, che gestisce due stazioni di ricerca nella Georgia del Sud, ha sospeso il lavoro scientifico sul campo che implicava il contatto dell’uomo con gli animali. Inoltre, per precauzione, l’Associazione Internazionale dei Tour Operator dell’Antartide ha dato istruzioni alle barche di non atterrare in alcuni siti della Penisola Antartica.

Il caso dell’orso polare
Ad alimentare la preoccupazione sulla diffusione globale del virus tra le popolazioni di animali selvatici in pericolo, vi è anche il primo caso noto di un orso polare morto per H5N1, confermato dai funzionari dell’Alaska.
L’orso è stato trovato morto lo scorso ottobre a Utqiagvik, nell’estremo nord del Paese. A fine dicembre, il Dipartimento per la Conservazione ambientale dello Stato americano ha diffuso i risultati dei test effettuati sui resti dell’animale, confermando che l’influenza ne è stata la causa di morte. Probabilmente, l’orso si è contagiato mangiando un uccello che aveva contratto la malattia. In un ecosistema come quello antartico, c'è un elevatissimo livello di interazione tra cambiamento climatico, influenza aviaria, mortalità degli uccelli e orsi polari.

CITATI: ALASTAIR WARD, IAN BROWN
TAG: BRITISH ANIMAL AND PLANT HEALTH AGENCY, BRITISH ANTARCTIC SURVEY, FOCHE, H5N1, HPAI, INFLUENZA AVIARIA HPAI, LEONI MARINI, MAMMIFERI, ORSI POLARI, STERCORARI ANTARTICI, UCCELLI MIGRATORI, UNIVERSITY OF LEEDS

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