Alert sanitari
15 Novembre 2023 Il virus H5N1 è arrivato fino in Antartide, destando l’allerta degli esperti per le possibili conseguenze del contagio di specie selvatiche locali. A rischio le popolazioni di pinguini e foche
L’influenza aviaria ha raggiunto per la prima volta l’Antartide, con il virus H5N1 che è stato identificato in popolazioni di Stercorari antartici sull’Isola di Bird, la quale fa parte di Georgia del Sud e Isole Sandwich Australi, territorio d’oltremare britannico. Gli scienziati temono un catastrofico blackout riproduttivo, data la vulnerabilità della fauna selvatica della regione, che metterebbe a rischio la sopravvivenza di pinguini, foche e di tutte le altre specie che non hanno mai avuto contatti con questo virus.
La diffusione del virus
Gli Stercorari antartici hanno probabilmente portato l’influenza con loro migrando dal Sud America, dove è ampiamente diffusa e ha già ucciso circa 500.000 uccelli e 20.000 leoni marini tra Cile e Perù. Questi grandi uccelli marini, infatti, si riproducono nelle zone subantartiche e antartiche, spostandosi più a nord nel periodo successivo all’accoppiamento.
I ricercatori sono preoccupati per il potenziale impatto del virus sulla fauna selvatica antartica, perché molte specie non si trovano altrove e non vi sono mai state esposte prima.
La scoperta
I ricercatori del British Antarctic Survey (Bas) hanno condotto dei test dopo aver notato un aumento della mortalità nelle popolazioni di uccelli. L’isola è considerata uno dei siti del pianeta più ricchi di fauna selvatica, ospita numerose specie di uccelli in via di estinzione e possiede una grande popolazione di pinguini riproduttori e foche. Una valutazione del rischio sull’impatto dell’influenza aviaria condotta dal Comitato scientifico per la ricerca in Antartide ha identificato le foche, i leoni marini, gli stercorari e i gabbiani come le specie più vulnerabili alla malattia, seguiti da pinguini, rapaci, guaine e procellarie giganti.
La dottoressa Meagan Dewar, presidente dell’Antarctic Wildlife Health Network, ha annunciato il potenziale “catastrofico fallimento riproduttivo” che potrebbe colpire numerose specie selvatiche nella regione. In un rapporto evidenzia “l’importanza di programmi di sorveglianza delle malattie per identificare tempestivamente nuovi agenti patogeni emergenti”.
Le operazioni di monitoraggio
Gli scienziati hanno avviato il protocollo di biosicurezza e iniziato il monitoraggio delle aree con una densità della fauna selvatica più elevata. È fondamentale l’adozione di queste misure di sorveglianza e protezione per prevenire ulteriori danni alla biodiversità antartica. Sono inoltre necessari collaborazione internazionale e sforzi congiunti per affrontare questa crisi e garantire la sopravvivenza delle specie vulnerabili.
Una probabile conseguenza
Lo scorso agosto, l’Organizzazione mondiale per la salute animale (Woah) e l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) avevano messo in guardia, in un rapporto firmato congiuntamente, sul rischio di diffusione del virus H5N1 tra la fauna selvatica dell’Antartide. La probabilità di una epidemia era considerata alta visto che il virus continuava a diffondersi rapidamente verso sud. Dal primo rilevamento dell’ottobre del 2022 in Sud America, in soli 3 mesi si era diffuso fino alle aree dell’estremità meridionale.
Alla fine di agosto, l’H5N1 era stato individuato nei leoni marini dell’Argentina e della Terra del Fuoco. Secondo gli esperti, il virus probabilmente continuerà a diffondersi a sud, verso l'Antartide e le sue isole, veicolato dagli uccelli che migrano dal Sud America. Potrebbe anche scatenarsi un'epidemia di ampia portata, vista la suscettibilità degli animali selvatici di questi luoghi, che tra l’altro vivono in colonie dense favorendo i contagi.
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