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29 Giugno 2023

Leishmaniosi felina, un algoritmo per facilitare la diagnosi

Nell’approccio diagnostico si procede suddividendo gli animali in due gruppi: senza segni clinici evidenti e con segni di leishmaniosi. Ovviamente per ciascun gruppo varia la tipologia di test


Leishmaniosi felina, un algoritmo per facilitare la diagnosi

La leishmaniosi felina è stata a lungo sottovalutata, ma studi recenti hanno dimostrato che anche i gatti possono contrarre l'infezione o conservare l'agente patogeno trasmesso per via ematica per un tempo indeterminato.

Per questo motivo, il veterinario non ha a disposizione metodi affidabili per identificare e diagnosticare la leishmaniosi nei gatti.

L'Università di Malaga e l'Istituto di Salute Carlos III hanno condotto uno studio su 500 gatti, in cui sono stati raccolti campioni di sangue e tessuto insieme all’attivazione di un controllo sanitario. Tutti i risultati sono stati analizzati per sviluppare un algoritmo diagnostico. I risultati sono poi stati pubblicati sulla rivista Current Trends on Biotechnology & Microbiology

La necessità di sviluppare tale algoritmo nasce proprio dal fatto che una delle sfide principali quando si deve valutare l'infezione attiva da Leishmania infantum nei gatti è determinare quali anomalie cercare nei test eseguiti.

Sebbene infatti alcuni parametri di infezione nei cani e nell'uomo possano essere estrapolati, i gatti sono naturalmente resistenti allo sviluppo clinico e spesso hanno co-infezioni o malattie sottostanti, rendendo difficile lo studio delle prove. Prendiamo, per esempio, il livello ematico di eosinofili, descritto sia nell'uomo che nei cani infettati da leishmania.

Nel gatto però questo parametro non può essere un indicatore altrettanto univoco dell’infezione, in quanto potrebbe essere riconducibile anche ad altri parassiti o agenti patogeni.  

Per sviluppare questo algoritmo diagnostico, sono stati utilizzati come riferimento i segni clinici osservati nei cani e nell'uomo e sono stati ricercati disturbi simili nei gatti. Durante l'indagine è emerso che il limite di diluizione utilizzato nei cani (1/80) non è efficace nei gatti ed è stata sviluppata una tecnica di flusso laterale che ha dato risultati positivi a diluizioni inferiori (1/40; 1/20) nei gatti con noduli cutanei positivi a L. infantum.

La diagnosi si basava principalmente sull'identificazione di noduli cutanei e altre lesioni cutanee, utilizzando tecniche quali raschiati cutanei profondi e citologia con agoaspirato.

L'approccio diagnostico nei gatti può essere effettuato tenendo conto di due gruppi: quelli senza segni clinici evidenti ma a contatto con il parassita, e quelli con segni clinici che suggeriscono la leishmaniosi. Nel primo gruppo, per rilevare la presenza del parassita, devono essere eseguiti test come raschiamento cutaneo profondo, citologia, PCR e microscopia.

Nel caso di gatti con segni clinici, come dimagrimento, lesioni cutanee e altri sintomi, vanno effettuati anche esami di laboratorio, ma va tenuto presente che la presenza del parassita non esclude altre patologie.

Se viene trovato il parassita, si raccomanda il trattamento locale e il monitoraggio futuro del gatto.

Feline Feishmanioasis Diagnost Algorithm  di Sandra López Fernández, Carmen Chicharro, Javier Nieto, Fernando Fariñas Guerrero, Eduardo Martínez Manzanares, Encarnación Clavijo Frutos and Eugenia Carrillo 
 

TAG: ALGORITMO DIAGNOSTICO, LEISHMANIA INFANTUM, LEISHMANIOSI FELINA

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