Animali selvatici
11 Aprile 2023 La tragedia del runner trentino ha incendiato gli animi: da una parte le istituzioni territoriali che con un’ordinanza contingibile e urgente hanno decretato l’abbattimento dell’animale, dall’altra chi contrappone alla gestione trentina quella (decisamente più virtuosa) del Parco d’Abruzzo, stigmatizzando soluzioni ‘medievali’.
Unanimi gli amministratori locali della Val di Sole dopo la morte del giovane runner nei boschi di Caldes: si deve intervenire su una riduzione numerica degli orsi che frequentano le montagne del Trentino. A partire da quello accusato di aver provocato la morte dello sportivo 26enne, per cui il presidente Fugatti con ordinanza contingibile e urgente, ha stabilito l’abbattimento. E la misura dovrebbe essere estesa ad almeno altri tre esemplari ritenuti problematici: MJ5, JJ4 e M62. Il vero problema, fa però notare l’etologo Stefano Malavasi in un’intervista al Corriere della Sera, non è il numero assoluto, ma la densità e la dispersione. In altri termini, l’abbattimento è solo un palliativo temporaneo, gli orsi, infatti, torneranno a riprodursi. Si dovrebbe invece puntare su una gestione scientifica, razionale, mirata e consapevole della popolazione dei grandi carnivori oggi sotto accusa sul suolo del Trentino Il vero problema, fanno notare gli ambientalisti, è che a partire dall’avvio del progetto Life Ursus, gli investimenti in termini di prevenzione, informazione e monitoraggio, sono stati quasi inesistenti. E invece proprio questi accorgimenti avrebbero facilitato una convivenza più serena, come accade nel Parco nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise.
Peccato - è il rammarico che l’ex ministro dell’ambiente Costa, affida alle colonne de Il Dolomiti - che il Trentino non abbia accettato il piano grandi carnivori proposto quando lui stesso era al governo. Con la soluzione prospettata da Fugatti, conclude Costa “si torna al Medioevo. Non si risolve il problema perché non si va a diminuire l'indice di rischio”.
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