One Health
16 Maggio 2023 Generalmente considerati non particolarmente aggressivi per i cani, i corona virus canini potrebbero però assumere un ruolo patobiologico rilevante, con possibili ripercussioni sull’uomo: una sorta di lupo travestito d’agnello.
Lupo travestito d’agnello? Nemico con la faccia d’angelo? A qualunque immagine si ricorra il concetto non cambia: occhio ai coronavirus canini, che in una loro ricombinazione potrebbero arrivare a un spillover rischioso per l’uomo. Del tema si è di recente occupato uno studio di matrice italiana, pubblicato nel numero speciale di Microrganismi e intitolato New Knowledge in the Study of Coronaviruses: Towards One Health and Whole Genome Sequencing Approaches. I ricercatori, partendo dall’assunto che il coronavirus canino (CCoV) è un virus a RNA a filamento positivo generalmente responsabile di gastroenterite da lieve a grave nei cani, si concentrano poi sul fatto che negli ultimi anni sono emersi nuovi CCoV. Questo ha quindi fatto puntare i riflettori sul loro potenziale evolutivo. Ad oggi, sono noti due genotipi, CCoV tipo I e CCoV tipo II, che condividono fino al 96% di identità nucleotidica nel genoma ma sono molto divergenti nel gene spike. Nel 2009, il rilevamento di un nuovo CCoV di tipo II, probabilmente originato da un evento di doppia ricombinazione con il virus della gastroenterite trasmissibile (TGEV), ha portato alla proposta di una nuova classificazione: CCoV di tipo IIa, inclusi i CCoV classici e CCoV di tipo IIb, inclusi CCoV simile a TGEV. Recentemente, un virus strettamente correlato al CCoV è stato isolato da bambini con polmonite in Malesia. Il ceppo HuPn-2018, classificato come un nuovo virus ricombinante canino-felino, si suppone sia passato dai cani alle persone. Un nuovo CoV di origine canina, HuCCoV_Z19Haiti, strettamente correlato al ceppo malese è stato rilevato anche in un uomo con la febbre dopo un viaggio ad Haiti, suggerendo che potrebbe verificarsi un'infezione da ceppi di tipo malese. Questi dati e l'emergere di CoV altamente patogeni negli esseri umani sottolineano la significativa minaccia che gli spillover di CoV rappresentano per gli esseri umani in quanto potrebbero assumere un ruolo patobiologico rilevante e non trascurabile portando all'immagine di “un lupo in veste di agnello”.
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