Ruminanti
26 Ottobre 2022 La scoperta delle due varianti potrebbe portare a sviluppare terapie mirate per la cura dell’occhio rosa bovino, migliorando il benessere animale e la produttività degli allevamenti.
Ci sono due diversi genotipi – è la recente rivelazione degli scienziati - di Moraxella bovis (M. bovis ), agente eziologico della cheratocongiuntivite infettiva bovina, nota anche come ‘occhio rosa’ o pinkeye. Questa differenziazione tra le varianti potrebbe rivelarsi un assist importante nello sviluppo di misure preventive in grado di proteggere il bestiame. L'occhio rosa bovino, o cheratocongiuntivite infettiva bovina, è un'infezione oculare molto contagiosa che causa arrossamento, prurito, dolore e disagio negli occhi degli animali colpiti. I casi gravi possono causare cecità e compromettere l'aumento di peso dei vitelli. Con una duplice ripercussione negativa: sul benessere degli animali e sull'industria della carne bovina.
La ricerca
Gli scienziati dell'USDA Agricultural Research Service (ARS) e dell'Università del Nebraska-Lincoln (UNL) hanno sequenziato e confrontato i genomi di una collezione di varianti di M.bovis, isolando due genotipi principali e identificandone le differenze del DNA. Inoltre, hanno trovato sostanze che possono potenzialmente essere utilizzate come bersagli per controllare la malattia. "Abbiamo trovato importanti differenze nei fattori di virulenza tra i due genotipi", ha detto Emily Wynn, microbiologa di ricerca ARS. "Ad esempio, abbiamo scoperto che i due genotipi hanno versioni diverse della tossina emolitica usata da M. bovis per penetrare nell'occhio. Questa differenza potrebbero significare che tra i due genotipi ci sono differenze nella capacità di causare malattie".
Bersagli terapeutici
Inoltre, gli scienziati hanno identificato sulla membrana esterna della cellula batterica, delle proteine facilmente raggiungibili dal sistema immunitario ospite. Il fatto che tali proteine siano uniche per uno o entrambi i genotipi rende possibile sviluppare La posizione specifica di queste proteine le rende disponibili al sistema immunitario ospite perché si trovano sulla membrana esterna. Le proteine che sono uniche per uno o entrambi i genotipi fa sì che possano essere usate come target bersaglio per sviluppare azioni preventive specifiche", ha aggiunto Wynn. Si tratterebbe di una scoperta importante, in quanto fino ad oggi gli scienziati hanno lavorato ad un’altra proteina bersaglio, la proteina pilin, ma si sono imbattuti in difficoltà ancora non risolte, dal momento che la pilin sembrerebbe in grado, ricodificando se stessa, di sfuggire al riconoscimento del sistema immunitario. Poter quindi utilizzare come nuovo bersaglio le proteine della membrana esterna potrebbe essere una svolta importante.
Storia della ricerca
Il team ha sequenziato ceppi di M. bovis isolati da bovini provenienti da diciassette stati degli Stati Uniti e da una provincia canadese che sono stati assemblati da Dustin Loy, professore dell'UNL e microbiologo diagnostico veterinario. "Il primo genoma finito di M. bovis è stato prodotto da questa collaborazione su un ceppo sperimentale nel 2018", ha detto Loy. "Da allora, non abbiamo visto molti progressi nel sequenziamento completo di questo batterio fino a questo studio tra ARS e UNL".
Gli esordi della ricerca collaborativa sulla cheratocongiuntivite infettiva risale a circa 58 anni, al lavoro pionieristico del ricercatore ARS George Washington Pugh Jr., che è stato il primo scienziato nero nell'agenzia, e ha fatto importanti progressi nella comprensione del ruolo di M. bovis in pinkeye.
Il recente studio è stato pubblicato su BMC Microbiology da Emily L. Wynn (ARS), Matthew M Hille (UNL), John Dustin Loy (UNL), Gennie Schuller (ARS), Kristen L Kuhn (ARS), Aaron M Dickey (ARS), James L Bono (ARS) e Michael L Clawson (ARS). https://doi.org/10.1186/s12866-022-02670-3
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