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Animali da Compagnia

17 Gennaio 2022

Animali d’affezione: chi deve fare di più. Il Rapporto Legambiente

L’indagine di Legambiente Animali in Città - valutando le performance che Amministrazioni comunali e Aziende sanitarie dichiarano di offrire ai cittadini che hanno animali d’affezione - mette in luce le (ancora troppe) carenze


Animali d’affezione: chi deve fare di più. Il  Rapporto Legambiente

Ancora non ci siamo. Politiche amministrative locali carenti e ASL spesso ‘distanti’: c’è ancora troppo poca attenzione per gli animali d’affezione e troppa sperequazione tra le politiche attuate da Nord a Sud della penisola. E questo in barba a una popolazione di pet sempre più numerosa nelle nostre case. Ecco in sintesi quanto emerge dal X rapporto nazionale Animali in città elaborato da Legambiente con il patrocinio di Ministero della Salute, Anci, Conferenza delle regioni e delle province autonome, Enci, Fnovi, Anmvi e Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva.   Ma vediamo più nel dettaglio Se da una parte è vero che il 47,4% delle amministrazioni comunali rispondenti dichiara di avere attivato un ufficio o un servizio dedicato agli animali, e il 76% delle aziende sanitarie di avere almeno un canile sanitario e/o un ufficio di igiene urbana veterinaria, è d’altro canto vero pure che poco meno di un Comune su 13 (il 7,8%) raggiunge una performance almeno sufficiente, più di quattro su cinque aziende sanitarie (l’82%) si attestano sui medesimi livelli. Il resto del campione contattato in larga parte non risponde o registra performance valutate da insufficienti a pessime. Comuni e ATS più virtuosi? Prato, Verona e Modena, per quanto attiene ai Comuni; ATS Brescia, ATS della Montagna e Asl Vercelli per quanto concerne, invece, le aziende sanitarie.  

I costi

Guardando ai costi sostenuti da Comuni e aziende sanitarie per i servizi ai cittadini e ai loro amici a quattro zampe, nel 2020 la spesa pubblica si è aggirata intorno ai 193 milioni di euro. La spesa media pro capite è stata invece di 2,4 euro per i Comuni e di 0,85 euro per le aziende sanitarie. Altra osservazione: in Italia la gran parte dei costi è assorbita dalla gestione dei cani presso i canili rifugio, per cui i Comuni spendono ben il 61,8% del bilancio destinato al settore. E qui ecco un’ulteriore osservazione di Legambiente: i canili sono in effetti, strutture indispensabili nel modello attuale, ma oggettivamente va anche ammesso che sono fallimentari rispetto a obiettivi credibili di benessere animale e contenimento delle spese a carico delle pubbliche amministrazioni.  

Le adozioni

Nel 2020  - stando alle dichiarazioni dei Comuni  - crescono le adozioni dei gatti (42.081 nel 2020, contro i 12.495 del 2019), in calo quelle dei cani (-20%). E il dato è coerente le nuove iscrizioni in anagrafe canina (85.432 nel 2019, contro le 67.529 nel 2020). A livello nazionale, il rapporto tra cani iscritti all’anagrafe degli animali d’affezione e cittadini è di un cane ogni 4,7 abitanti, con Umbria e Sardegna che primeggiano in positivo (rispettivamente un cane iscritto ogni due cittadini e un cane ogni 2,8), e Puglia e Calabria fanalini di coda (rispettivamente un cane iscritto ogni 7,4 e ogni 9,6 cittadini). Quanto ai felini, il rapporto nazionale è di un gatto iscritto all’anagrafe degli animali d’affezione ogni 72,4 cittadini: a primeggiare, in questa categoria, sono Valle d’Aosta (un gatto ogni 31,4 abitanti) e PA Bolzano (un gatto ogni 32,6 cittadini).  

Controllo demografico

Manca una strategia pubblica preventiva: e non solo per le popolazioni canine e feline cresciute in un trentennio senza alcuna pianificazione, oggi si assiste pure al proliferare incontrollato in città di ulteriori specie animali da compagnia (spesso selvatiche) quali roditori, uccelli, invertebrati. Inoltre, solo il 40% delle Aziende sanitarie dichiara di effettuare azioni di prevenzione del randagismo delle popolazioni (padronali e non) di cani e gatti: nel 2020 sono stati 6.888 i cani sterilizzati, e 19.740 i gatti, cifre che, confrontate con il numero dei cani dichiarati entrati nei canili sanitari (36.368), con quelli dei gatti presenti nelle colonie feline (313.288), fanno capire quanto si sia lontani dagli obiettivi.

Cani vaganti

Nel 2020, in media, nei Comuni ogni 10 cani catturati 8,8 hanno trovato felice soluzione tra restituzione ai proprietari, adozione e/o reimmissione come cani liberi controllati, con un rapporto di 1:1,4. Ma le situazioni sono differenti a seconda dei territori considerati, come mostrano i casi negativi di Campi Salentina (LE), dove su 5,4 cani entrati nei canili solo uno ha trovato una soluzione; di Sciacca (AG), uno su 4,9; Catania, 1 su 4. Ai poli opposti troviamo Napoli, dove per ogni cane preso in carico, 8,7 hanno trovato una soluzione, anche se in questo caso la quasi totalità dei cani catturati è stata rilasciata sul territorio; Priolo Gargallo (SR), 4 su 1, e Corato (BA), 2 su 1. Per quanto riguarda le Aziende sanitarie, 9 cani su 10 hanno trovato una soluzione felice, ma anche qui le performance variano: su tutte, in negativo, spicca quella dell’ASP Ragusa, dove su 21,5 cani presi in carico nei canili appena uno ha trovato una soluzione. In positivo, si segnala Area Vasta 1 (PU) con 6,6 cani che escono dal canile per uno che entra. I dati disponibili al 31 dicembre 2020, raccontano di un Nord particolarmente virtuoso sul fronte della popolazione canina ospitata nei canili, con Milano al primo posto, con appena un cane in canile ogni 10.190 cittadini, seguita da Bolzano (un cane ogni 7.703) e da Verona (un cane ogni 7.402). Numeri in positivo che fanno il paio con quelli forniti dalle Aziende sanitarie e che vedono ai primi posti ATS della Montagna (un cane in canile ogni 296 mila abitanti); ATS Insubria (uno ogni 295 mila) e ATS Brescia (uno ogni 96 mila). Ai poli opposti, si segnalano invece i Comuni di Premilcuore (FC) con un cane in canile ogni 9,8 cittadini; Carloforte (SU), un cane ogni 9,6, Fratte Rosa (PS), uno ogni 2,1 cittadini, e le aziende sanitarie ASReM (un cane ogni 271 abitanti), ASL 1 Abruzzo (uno ogni 211), ASL Caserta (uno ogni 185 abitanti). Ci sono poi le esperienze dei cani liberi controllati (o cosiddetti cani di quartiere), presenti in un Comune su 25: interessante notarne la ripartizione, dato che per ben l’84,6% si trovano al Sud e nelle Isole, con Palermo al primo posto con 3.402 cani liberi registrati, per il 15,4% al Centro, mentre nessun caso si registra al Nord.

Controlli e regolamenti

Sul fronte dei controlli, poco più di un Comune su cinque (il 21,6%) nel 2020 dichiara di averne effettuati di specifici, da quelli per mancata ottemperanza all’anagrafe canina alla raccolta delle deiezioni. Gravi carenze si registrano poi nell’applicazione di regolamenti e ordinanze a favore di una corretta e serena convivenza con gli amici animali nei centri urbani. Nel 2020 solo il 42,9% dei Comuni dichiara di avere un regolamento per la corretta detenzione degli animali in città, mentre l’accesso ai locali pubblici e negli uffici in compagnia degli amici a quattro zampe regolamentato in poco più di un Comune su sei. L’arrivo e la sosta di spettacoli che coinvolgono animali sono regolamentati nel 13% dei Comuni, mentre quelli che dichiarano di avere regolamentato botti e fuochi d’artificio costituiscono appena il 7,9%. Poco più di un Comune su otto ha adottato un regolamento contro l’uso illegale di esche o bocconi avvelenati. Poche anche le amministrazioni che hanno approvato regolamenti per facilitare le adozioni nei canili (il 9,6%), e quelle che hanno adottato (il 9,1%) un regolamento per facilitare cremazione, inumazione e tumulazione dei milioni di amici quattro zampe. Aree verdi Rispetto alle aree caniil 34,3% dei Comuni dichiara di avere spazi aperti dedicati agli animali d’affezione, in media uno ogni 13.774 cittadini residenti, come la folla in uno stadio di calcio! Attenzione però, perché la situazione varia da città a città come dimostra Milano con la sua offerta di un’area cani ogni 3.411 a fronte della proposta decisamente meno appetibile di Napoli: 1 area cani ogni 79.071 cittadini.

Le richieste di Legambiente

Davanti a questo quadro, Legambiente chiede di approvare e fare entrare in vigore, entro il 2022, l’anagrafe unica nazionale per tutti gli animali d’affezione o da compagnia; agevolare la sottoscrizione, entro il 2025, di 1.000 accordi o patti di comunità per costruire reti e alleanze tra amministrazioni pubbliche e soggetti privati per la tutela e la cura degli animali d’affezione e selvatici; arrivare, entro il 2030, a 10 mila veterinari pubblici assunti a tempo indeterminato, per rafforzare il personale in servizio attualmente composto da 4.642 unità, di cui il 78,5% uomini e con età media di 56,9 anni; inaugurare, entro il 2030, 1.000 strutture veterinarie pubbliche, tra canili sanitari e gattili sanitari (uno ogni 50-100 mila cittadini) e ospedali veterinari (uno ogni 300-400 mila cittadini) opportunamente distribuiti sul territorio; realizzare, entro il 2030un’area cani ogni 1.000 cittadini residenti; formare aggiornare e coinvolgere, entro il 203015.000 guardie ambientali e zoofile volontarie.

Nota sull'indagine

All'indagine hanno risposto in modo completo 656 amministrazioni comunali (l’8,3% del campione contattato), tra cui il 50% dei Comuni capoluogo, e 50 aziende sanitarie (il 44,6% del campione). Quattro le macroaree di valutazione delle performance: quadro delle regole (regolamenti comunali e/o ordinanze sindacali), valevole solo per i Comuni; risorse impegnate e risultati ottenuti; organizzazione delle strutture e servizi al cittadino; controlli.


TAG: LEGAMBIENTE

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