Ricerca
13 Febbraio 2024 Su Nature Communications è stata pubblicata una ricerca condotta dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo che ricostruisce la strada percorsa dal virus West Nile, seguendo percorsi inaspettati tra Africa ed Europa
Sulla rivista scientifica Nature Communications, sono stati recentemente pubblicati i risultati di uno studio sul virus West Nile, condotto dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale di Teramo in collaborazione con l’Università di Trento, la Fondazione Edmund Mach e l’Istituto Pasteur di Dakar (Senegal). La ricerca ha permesso di tracciare il viaggio che il virus compie tra Europa e Africa.
La storia del virus
Isolato per la prima volta nel 1937 nella zona del Nilo occidentale dell’Uganda – da qui deriva il suo nome – negli ultimi anni il West Nile Virus (Wnv) è salito sempre più agli onori della cronaca, destando l’interesse dell’opinione pubblica e una crescente preoccupazione delle autorità sanitarie. Il virus è diffuso in quasi tutto il mondo, tra Africa, Asia occidentale, Europa, Australia e America.
I suoi serbatoi sono gli uccelli selvatici e le zanzare, principalmente quelle appartenenti al genere Culex, le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione all’uomo. Queste, quando pungono gli uccelli infetti si infettano a loro volta, per poi trasmettere nuovamente il virus ad altri volatili. Nutrendosi anche del sangue di esseri umani, cavalli e mammiferi vari, le zanzare possono trasmettere ulteriormente il virus. Questi ultimi riceventi diventano ospiti accidentali “a fondo cieco”; non sviluppando concentrazioni elevate di virus nel sangue non possono trasmetterlo ad altre zanzare. Altri mezzi di infezione documentati, anche se molto rari, sono trapianti di organi, trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza.
Nella maggior parte dei casi, l’infezione nell’uomo è asintomatica. I casi sintomatici (circa il 20%) si presentano con manifestazioni leggere riconducibili a una comune influenza, ma le forme più gravi possono coinvolgere il sistema nervoso, soprattutto negli anziani o in soggetti con un sistema immunitario compromesso.
“In qualità di Centro di Referenza Nazionale per le malattie esotiche degli animali e di Laboratorio di Referenza dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Animale per la West Nile da anni monitoriamo e studiamo il virus costantemente” ha affermato Nicola D’Alterio, Direttore Generale dell’Izs di Teramo. “La situazione non deve destare allarmismi, tuttavia i dati del 2023, in calo rispetto al 2022, ci dicono che in Italia sono stati confermati 332 casi di infezione da West Nile virus nell’uomo, di cui 190 con coinvolgimento neurologico. Tra i casi confermati sono stati notificati 27 decessi, tutti nelle regioni del nord Italia. Questi numeri ci obbligano a tenera alta la guardia”.
Lo studio
Lo studio condotto dall’Izs di Teramo ha esplorato le modalità di diffusione del Wnv, scoprendo percorsi complessi e inaspettati che legano Africa ed Europa. I ricercatori hanno utilizzato tecniche avanzate di analisi genetica e filogeografica per ricostruire la dinamica evolutiva dei vari ceppi del virus West Nile nel tempo e nello spazio. La combinazione dei due metodi ha permesso di tracciare le rotte di diffusione del virus, fornendo dettagli sulle sue origini e sulla modalità con cui si è diffuso nel corso del tempo. In particolare, la ricerca si è concentrata sui due principali lineages del virus, L1 e L2, che hanno percorsi e storie evolutive diversi.
“Come ricercatori il nostro compito è comprendere le modalità di trasmissione dell’infezione in modo da pianificare interventi preventivi. La prevenzione è un’arma fondamentale perché non esiste un vaccino per proteggere l’uomo dal virus: ad esempio bisogna evitare il più possibile le punture di zanzara tramite l’uso di repellenti cutanei, insetticidi ad uso domestico e soggiornare in ambienti riparati da zanzariere” ha commentato D’Alterio.
La ricercatrice Giulia Mencattelli, prima autrice dello studio, fa notare che è interessante quanto scoperto in relazione al lineage 1: “Esiste un vero e proprio ‘corridoio’ tra Senegal, Marocco e i Paesi europei del Mediterraneo occidentale come Portogallo, Spagna, Francia e Italia, ma secondo le nostre analisi non è un corridoio a senso unico: avvengono anche incursioni che vanno dall’Europa all’Africa”.
Il responsabile del Laboratorio di Sanità Pubblica dell’Izs di Teramo, Giovanni Savini, coordinatore del gruppo di ricerca, specifica riguardo alle diverse dinamiche evolutive dei due lineages: “Dai risultati ottenuti sembra che L1 si diffonda più efficientemente di L2 sebbene infettino le stesse specie di uccelli e utilizzino gli stessi vettori. La diversa suscettibilità degli uccelli all’infezione rappresenta solo uno dei possibili fattori che hanno determinato queste differenze, sappiamo infatti ancora poco del ruolo delle zanzare come vettori e della loro recettività all’infezione. Questi sono tutti aspetti del ciclo vitale del virus ancora poco conosciuti e che intendiamo esplorare”.
Proprio l’integrazione dei dati genetici virali con informazioni relative ai movimenti degli uccelli migratori e alla suscettibilità all’infezione delle varie specie potrà portare a una comprensione più profonda di come il virus si diffonde, con l’obiettivo di prevedere e quindi mitigare l’impatto delle future epidemie, costituendo un modello di studio anche per altri virus emergenti.
Mencattelli, G., Ndione, MHD, Silverj, A. et al. Dinamica spaziale e temporale del virus del Nilo occidentale tra Africa ed Europa. Nat Commun 14 , 6440 (2023).
https://doi.org/10.1038/s41467-023-42185-7
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