Animali da Compagnia
21 Giugno 2022I farmaci curano, ma non sempre è necessario farvi ricorso: come spiega la dottoressa Spada, alcuni sintomi clinici mostrati da cane e gatto, infatti, possono essere risolti o prevenuti con un semplice cambiamento comportamentale, alimentare o con l’impiego di integratori.
“Rischi e benefici, valutarli è sempre importante. Specialmente nella scelta di una terapia per il nostro paziente”. Parola di Eva Spada, medico veterinario e professore all’Università degli Studi di Milano, che ci spiega perché, oggi più che mai, è utile adottare un approccio ‘non farmacologico’. “Da sempre – precisa, infatti, la dott.ssa Spada - uno dei principi della medicina, sia umana sia veterinaria, è quello di non nuocere al paziente nella scelta della terapia più appropriata. E’ vero che i farmaci nascono per curare i pazienti, ma sono pur sempre sostanze estranee per l’organismo che in alcuni casi possono determinare effetti avversi che superano i benefici per i quali vengono prescritti”.
Un po’ quello che accade con gli antimicrobici…
Appunto: se pensiamo ai farmaci antibiotici, oggi ci dobbiamo confrontare con l’antibiotico resistenza che rischia di vanificare i progressi della medicina moderna che derivano in larga misura dall’introduzione e dall’utilizzo proprio di questi farmaci. L’aumento dell’uso degli antibiotici e soprattutto il loro utilizzo non appropriato, sia in medicina umana che veterinaria, il loro impiego in zootecnia e in agricoltura e l’aumento degli spostamenti internazionali, sono tutte cause alla base della comparsa e della diffusione della resistenza di alcuni agenti infettivi agli antibiotici. L’aggravarsi del fenomeno dell’antibiotico-resistenza negli ultimi anni comporta la riduzione della possibilità di un trattamento efficace di alcune malattie infettive, sia per il paziente umano che per il paziente veterinario. Per questo motivo dobbiamo impegnarci sempre più ad utilizzarli correttamente, evitando di ricorrervi quando non sono strettamente necessari.
A proposito di riduzione del ricorso agli antibiotici: negli ultimi anni sono stati fatti molti passi avanti in zootecnia; e per gli animali da compagnia, i cosiddetti “pet”?
In quest’ambito, ancora non ci sono regole stringenti, l’ideale sarebbe arrivare ad una situazione ottimale in cui l’antibiotico venga utilizzato sulla base di una precisa indicazione del microorganismo presente e della sua sensibilità agli antibiotici indicata dall’antibiogramma. Solo in questo modo l’utilizzo sarebbe realmente mirato e corretto. Il mio auspicio è dunque che in futuro potremo avere regole puntuali proprio come in zootecnia, un settore caratterizzato però dal fatto che le produzioni sono destinate all’alimentazione umana.
Quindi regole precise e controlli maggiori, giusto?
Esatto. Ma anche formazione. Sarebbe per esempio opportuno organizzare corsi obbligatori per tutti i medici veterinari sulle regole e sulle azioni da intraprendere a secondo del caso che si presenti. In modo da poter disporre di indicazioni precise, univoche e stringenti. Per ora, invece, la gestione è legata largamente al singolo. Con tutte le difficoltà che intraprendere queste indagini comporta per singole realtà, spesso anche piccole e poco strutturate, che devono sobbarcarsi tutte le varie attività. Non solo quelle prettamente cliniche, ma anche burocratiche e logistiche come la raccolta e l’invio dei campioni, per esempio. Inoltre tutte queste indagini oggi sono economicamente a carico del proprietario del paziente e questo spesso limita la possibilità di realizzarle. Anche i proprietari dei pet dovrebbero essere sensibilizzati sul problema dell’antibiotico resistenza e come in medicina umana, dovrebbero essere informati che i farmaci e soprattutto gli antibiotici, devono essere utilizzati solo in seguito a precisa prescrizione veterinaria. Diciamo che è un problema di sistema. Ed è qui che si dovrebbe intervenire.
Quindi, ove possibile, consiglia di evitare il ricorso ai farmaci. Quali sintomi meritano una valutazione e un approccio non farmacologico?
Nella mia esperienza ventennale di medico veterinario mi sono resa conto che sono numerosi i sintomi in medicina interna del cane e del gatto che possono essere controllati e risolti con un trattamento iniziale non farmacologico. Cambiamenti dietetici, utilizzo di integratori, modifiche comportamentali e l’adozione di una corretta profilassi sono interventi sufficienti per il trattamento e la prevenzione di importanti sintomi che vediamo quotidianamente in medicina veterinaria. Comuni sintomi gastroenterici come vomito e diarrea acuta dipendono spesso da indiscrezioni o ipersensibilità alimentare e possono essere trattati con successo esclusivamente con adeguate modifiche dietetiche e con l’impiego di integratori. Un digiuno da cibo di 24 ore, unitamente alla somministrazione di pre- e probiotici e alla successiva somministrazione di un’alimentazione a base di alimenti iperdigeribili è un intervento sufficiente per mettere a riposo l’intestino di un cane e risolvere gli episodi di diarrea acuta, senza necessariamente ricorrere all’impiego di farmaci. Nel gatto l’ingestione di eccessive quantità di pelo durante il grooming del mantello, porta a vomito o a fenomeni di stipsi, sintomi che possono essere trattati con successo con l’impiego di adeguati integratori nutrizionali che riducono l’effetto meccanico a livello gastroenterico dei peli ingeriti. L’igiene quotidiana del cavo orale nel cane e gatto, che dovrebbe iniziare già in giovane età, è alla base della prevenzione di importanti patologie infettive e infiammatorie di denti e tessuto gengivale in età adulta e anziana, che spesso dovranno essere trattate farmacologicamente.
Quali sono i sintomi più diffusi per cui si può ipotizzare il ricorso a una terapia non farmacologia?
Come discusso precedentemente, soprattutto nel caso di sintomi gastroenterici, un corretto intervento nutrizionale spesso è sufficiente per il trattamento dei sintomi ad insorgenza acuta, limitando l’impiego di farmaci. Altra ‘strategia’ fondamentale è quella dell’impiego della profilassi vaccinale. Essa è infatti alla base della prevenzione di importanti malattie infettive del cane e del gatto che spesso risultano mortali anche in seguito a trattamenti farmacologici specifici e mirati, così come la profilassi nei confronti dell’infestazione di ecto- ed endoparassiti protegge i pet da gravi infestazioni che possono causare patologie che necessariamente dovranno essere trattate con terapie farmacologiche. Non dimentichiamolo: la prevenzione è sempre fondamentale. Regolari controlli della salute di cane e gatto da parte del medico veterinario sono, infatti, alla base dell’identificazione precoce di alterazioni cliniche che se non adeguatamente trattate portano all’insorgenza di malattie che necessariamente avranno bisogno di un intervento farmacologico. Un esempio classico sono le condizioni di sovrappeso e obesità che se non correttamente prevenute o trattate portano all’insorgenza di patologie ortopediche, endocrine, urinarie e dermatologiche. Quindi anche una corretta educazione del proprietario di un cane o di un gatto è fondamentale nella prevenzione di patologie e quindi nella riduzione dell’eccessivo impiego di farmaci in medicina veterinaria.
La dottoressa Eva Spada è medico veterinario e professore associato presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali dell’Università degli Studi di Milano, e Specialista in Patologia e Clinica degli Animali d’Affezione. Negli anni ha maturato vasta esperienza nell’attività clinica specialistica in medicina felina (Ospedale Universitario Veterinario dell’Università degli Studi di Milano) e in medicina trasfusionale del cane e del gatto (Reparto di ricerca in medicina Emotrasfusionale Veterinaria–REVLab) e svolge attività di ricerca in medicina interna, medicina emotrasfusionale e di laboratorio del cane, gatto e degli animali non convenzionali. A proposito degli svariati sintomi di comune riscontro nel cane e nel gatto che possono essere trattati con un approccio non farmacologico, la dottoressa Spada propone il corso FAD intitolato “Comuni sintomi clinici nel cane e nel gatto: non sempre servono i farmaci.”
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