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28 Ottobre 2025Un team dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise, con le Università di Milano e Urbino, ha sviluppato un metodo di analisi per monitorare gli ormoni dello stress in cavalli e pecore

Un nuovo studio dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Abruzzo e del Molise (IZSAM), in collaborazione con le Università di Milano e di Urbino, pubblicato su Scientific Reports, introduce un metodo di analisi innovativo capace di misurare con maggiore precisione gli ormoni legati allo stress in cavalli e pecore. Grazie alla tecnica “surrogate analyte approach”, i ricercatori sono riusciti a ottenere dati più affidabili e completi rispetto ai tradizionali prelievi di sangue o saliva, offrendo così uno strumento utile per valutare nel tempo le condizioni di benessere degli animali.
Misurare lo stress negli animali permette di agire per migliorare le condizioni di vita e, nel caso degli allevamenti, garantire una produzione più sostenibile e attenta al benessere. Misurare lo stress dà un’informazione preziosa, ma è una sfida complessa: gli ormoni che lo regolano, come il cortisolo, variano molto rapidamente nel sangue o nella saliva, riflettendo solo ciò che accade nell’immediato.
Al contrario, pelo e lana accumulano le tracce degli ormoni nel tempo, permettendo di ottenere una panoramica più ampia e stabile dello stato fisiologico dell’animale.
I ricercatore hanno utilizzato questi tessuti per monitorare quattro biomarcatori chiave – cortisolo, cortisone, DHEA e DHEAS – in campioni di criniera di cavallo e lana di pecora. Per farlo, hanno sviluppato due nuovi metodi di misurazione molto precisioni.
“Abbiamo utilizzato – spiega Giorgio Saluti, dirigente chimico dell’Izsam – una tecnologia analitica precisa e selettiva, la cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa ad alta risoluzione (LC-HRMS/MS), insieme a una strategia chiamata ‘surrogate analyte approach’, che consente di superare alcuni problemi tecnici legati alla mancanza di campioni di riferimento privi di ormoni”.
Questa tecnica permette di superare un limite comune – la mancanza di campioni “bianchi” privi di ormoni, con cui confrontare i risultatati – introducendo nel test molecole artificiali che imitano quelle naturali ma con marcatori identificativi (come isotopi stabili).
Il confronto tra gli ormoni “veri” reali e quelli “marcati” consente di ottenere misure estremamente precise, anche in matrici complesse come il pelo o la lana.
“Il metodo – continua Saluti – è stato messo a punto e validato su campioni raccolti da animali che vivono in aree marginali dell’Appennino. È importante sottolineare la sua sensibilità: è capace di rilevare quantità anche molto basse di questi biomarcatori, una caratteristica determinante per valutare il benessere degli animali in contesti reali, come allevamenti o ambienti naturali”.
Questa capacità rende la tecnica particolarmente utile per monitorare lo stato di benessere negli allevamenti, negli animali al pascolo o in contesti naturali, dove le condizioni ambientali possono essere fonte di stress cronico.
“Uno degli aspetti più importanti di questo lavoro – aggiunge – è la possibilità di analizzare più ormoni contemporaneamente, e quindi di ottenere un quadro più completo della condizione dell’animale. I rapporti tra ormoni diversi, come quello tra cortisolo e DHEA, possono infatti fornire indicazioni più affidabili rispetto alla misura di un singolo parametro”.
Analisi di questo tipo possono aiutare a capire se un animale ha subito stress legati alla gestione, all’ambiente o alla convivenza con altri individui, e quindi possono orientare eventuali interventi migliorativi. Anche per questo, lo studio si inserisce in un filone di ricerca sempre più importante, che unisce la scienza veterinaria alle politiche per il benessere animale e la sostenibilità degli allevamenti.
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