Animali selvatici
28 Luglio 2022 Le traslocazioni di conservazione sono una pratica sempre più diffusa nella conservazione della fauna selvatica e dei loro ecosistemi. Non è semplice attuarle anche perché costose e dispendiose, in termini di tempo, e senza garanzie di risultati positivi. Come pianificare nuove iniziative, partendo dall’esperienza pregressa.
La traslocazione della fauna selvatica a fini conservativi comporta un’attenta valutazione dello stato di salute degli animali. Questo l’assunto di partenza di una recente ricerca condotta nel Regno Unito e pubblicata su sulla rivista Ecological Solutions and Evidence.
Lo studio si è pertanto riproposto di individuare forma e frequenza delle malattie presenti in animali e piante oggetto di traslocazione, verificando anche altri problemi biologici, per poi associare tali evidenze al tasso di "successo" della traslocazione. Innanzitutto, è emerso che infezioni e disturbi legati all'allevamento, classificati come ‘malattia, sono stati segnalati nel 30% dei 295 casi oggetto di studio. Tali segnalazioni erano frequentemente connesse a uno ‘scarso successo’ della traslocazione. Oltre alle malattie, sono stati diffusamente segnalati problemi biologici di vario tipo: da quelli connessi alla predazione a quelli determinati dalle condizioni climatiche e metereologiche, per arrivare a traumi di natura antropogenica (il 66%), riconducibili per lo più alla fase post rilascio. Tali segnalazioni, che si sono avute anche in casi di studio "di grande successo", hanno comunque avuto un impatto negativo sulla salute di flora e fauna. Alla luce di queste evidenze, gli autori dello studio propongono un approccio tripartito alla questione, fondato su tre obiettivi: mitigare i rischi di malattie che possano sopraggiungere per altri animali, piante ed esseri umani; mitigare le minacce alla salute degli stessi individui traslocati; rafforzarne resilienza e capacità di adattamento, specie nel post-rilascio. In altri termini, l’obiettivo non deve essere solo quello di prevenire eventuali malattie, ma di puntare con più convinzione sulla promozione della salute tout court. A questo proposito, Katie Beckmann, dottoranda presso l'RVC e coautrice dello studio, ha precisato: “La salute è stata in qualche modo trascurata nel campo della scienza della reintroduzione. In questo studio, esploriamo i risultati sulla salute negli animali e nelle piante reintrodotti e in altre popolazioni legate alla reintroduzione. Mostriamo perché la salute è importante per promuovere e considerare come "si adatta" in relazione a tutte le minacce ecologiche, ambientali e legate all'uomo che devono essere considerate e superate affinché i progetti di reintroduzione abbiano successo".
Wildlife health outcomes and opportunities in conservation translocations Katie M. Beckmann,Ruth L. Cromie,Anthony W. Sainsbury,Geoff M. Hilton,John G. Ewen,Pritpal S. Soorae,Richard A. Kock https://doi.org/10.1002/2688-8319.12164
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