Sostenibilità
25 Febbraio 2025Uno studio su PNAS delle Università di Firenze e Hong Kong denuncia la disparità nella distribuzione dei finanziamenti per la conservazione, a scapito di specie fondamentali per gli ecosistemi perché ritenute “brutte” o pericolose

Uno studio internazionale pubblicato su PNAS da ricercatori delle Università di Hong Kong e Firenze ha rivelato una grave disparità nella distribuzione dei fondi globali per la conservazione della biodiversità. Secondo l’analisi, l’82,9% delle risorse è stato destinato ai vertebrati, mentre solo il 6,6% è andato a piante e invertebrati, e meno dello 0,2% a funghi e alghe. Gli autori dello studio sottolineano che questa allocazione squilibrata non tutela adeguatamente gli ecosistemi e ignora specie fondamentali per il loro equilibrio.
I finanziamenti mondiali per la conservazione della biodiversità animale e vegetale sono indirizzati solo a un piccolo numero di grandi specie, mentre quasi il 94% delle specie a diretto rischio di estinzione non ha ricevuto alcun sostegno. In particolare, ad attirare maggiori attenzioni sono gli animali più iconici – come elefanti o tartarughe marine – a spese di specie fondamentali per il funzionamento degli ecosistemi, come anfibi, invertebrati, piante e funghi.
Sono questi i risultati del primo studio di questo genere, che denuncia una distribuzione squilibrata dei fondi globali, sia pubblici che privati, destinati a salvaguardare l’esistenza di varie specie, intitolato Limited and biased global conservation funding means most threatened species remain unsupported.
La ricerca, in parte sostenuta dal centro nazionale National Biodiversity Future Center, è stata finanziata dal Ministero dell’Università e della Ricerca con fondi dell’Unione Europea nell’ambito del programma #NextGenerationEU (Pnrr).
“Abbiamo analizzato – spiega Stefano Cannicci, docente di Zoologia dell’Università di Firenze – 14.566 progetti di conservazione che abbracciano un periodo di 25 anni, dal 1992 al 2016, confrontando l’importo dei finanziamenti per specie con il loro status nella «lista rossa» delle specie minacciate stilata dall’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), istituzione che valuta i livelli di rischio di estinzione e di cui faccio parte”.
“Per la prima volta – prosegue lo zoologo – si è analizzato lo sforzo mondiale di conservazione delle specie e degli ambienti andando a studiare la distribuzione dei fondi dedicati alla conservazione, e non contando il numero di articoli pubblicati: dei 1.963 miliardi di dollari assegnati complessivamente dai progetti, l’82,9% è stato destinato a vertebrati. Piante e invertebrati hanno rappresentato ciascuno il 6,6% dei finanziamenti, mentre funghi e alghe sono appena rappresentati, con meno dello 0,2% per ciascuna delle specie”.
Anche all’interno di molti dei gruppi maggiormente finanziati esistono grosse disparità: i mammiferi di grossa taglia, che rappresentano solo un terzo dei mammiferi minacciati, secondo l’IUCN, hanno ricevuto l’86% dei finanziamenti.
Una grossa percentuale dei fondi analizzati riguarda il più ricco e importante programma di fondi per la conservazione europeo, quello dei progetti LIFE, che in realtà sono la spina dorsale dei fondi per la conservazione delle specie italiane, e che quindi ci riguarda direttamente.
CITATI: STEFANO CANNICCI“I dati dicono, per esempio – prosegue Cannicci – che tra i vertebrati più a rischio di estinzione ci sono gli anfibi (salamandre e rane), ma i fondi a loro dedicati sono meno del 2% del totale. In generale, gli animali che noi consideriamo ‘brutti’ o pericolosi (pipistrelli, serpenti, lucertole, e moltissimi insetti escluse le farfalle) sono scarsissimamente finanziati in termine di conservazione”.
“Investire i fondi sulla conservazione di poche specie non preserva gli ecosistemi che li supportano: che senso ha conservare un animale ma non gli animali o le piante che mangiano?” si domanda il ricercatore.
“Per affrontare in modo efficace la sfida della tutela della biodiversità gli autori dello studio propongono che siano destinate complessivamente più risorse alla conservazione, ma anche che le organizzazioni governative e non governative lavorino per riallineare, sulla base delle conoscenze scientifiche, le priorità di finanziamento verso le specie a reale rischio di estinzione e attualmente trascurate” conclude Cannicci.
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