Normative
12 Luglio 2023 E’ sul comma 525 dell’articolo 1 della legge n. 145/2018 che l’Authority alla Concorrenza punta il dito, suggerendo l’eliminazione di una frase che andrebbe a reintrodurre delle ingiustificate limitazioni all’utilizzo della pubblicità nel settore delle professioni sanitarie.
Pubblicità sanitaria, liberalizzazioni, restrizioni, AGCM e Commissione EU: gli ingredienti ci sono proprio tutti perché la questione si profili fin da subito di un certo peso.
Anche perché il convitato di pietra è il PNRR, nel perimetro del quale va incasellarsi la legge annuale per il mercato e la concorrenza, cui l’Authority, con questa segnalazione, si ripropone di fornire il suo contributo.
L’oggetto del contendere è lì dal 2018.
Parliamo infatti della legge 145 che al comma 525 dell’articolo 1 regolamenta la pubblicità sanitaria stabilendo che “le comunicazioni pubblicitarie da parte delle strutture sanitarie possono contenere solo informazioni funzionali a garantire la sicurezza dei trattamenti sanitari, escluso qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo”.
Un perimetro un po’ stretto, tanto che a giugno di quest’anno, per disinnescare preventivamente una procedura di infrazione da parte della Commissione EU, è stata introdotta una modifica testuale che va ad ‘ammorbidire’ il dettato del comma 525, con l’intento di preservare i trend di liberalizzazione già in atto da tempo.
Nel decreto legge del 13 giugno 2023, n. 69, all’articolo 6 leggiamo infatti: “le comunicazioni pubblicitarie da parte delle strutture sanitarie possono contenere solo informazioni funzionali a garantire il diritto ad una corretta informazione sanitaria, restando escluso, nel rispetto della libera e consapevole determinazione dell’assistito, della dignità della persona e del principio di appropriatezza delle prestazioni sanitarie, qualsiasi elemento di carattere attrattivo e suggestivo, tra cui comunicazioni contenenti offerte, sconti e promozioni, che possa determinare il ricorso improprio a trattamenti sanitari.”
Pubblicato in G:U. lo scorso 13 giugno, il decreto è in attesa di conversione in legge, pena la perdita d’efficacia.
Nel frattempo, l’AGCM (Bollettino Settimanale Anno XXXIII - n. 26) non lascia cadere la questione nel dimenticatoio. Tutt’altro.
Pone infatti la sua attenzione alla versione old style del comma 525, di cui critica le limitazioni all’utilizzo della pubblicità nel settore delle professioni sanitarie, tese ad escludere “qualsiasi elemento di carattere promozionale o suggestivo”.
Le obiezioni dell’AGCM vanno però oltre, stigmatizzando la connessione che viene fatta tra pubblicità sanitaria e sicurezza dei trattamenti sanitari: un collegamento – sottolinea l’Authorithy – che non sussiste.
La sicurezza, infatti, dipende piuttosto dalla “misure in tal senso concretamente adottate dai professionisti nell’esercizio della propria attività”.
In attesa di un pronunciamento della Commissione e della conversione in legge del Decreto che interviene sul comma 525, l’auspicio è quello di una gestione lungimirante e giusta della concorrenza come fattore essenziale della crescita economica del sistema e di una maggiore giustizia sociale.
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