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05 Luglio 2024Gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali delle Venezie e della Lombardia ed Emilia-Romagna hanno avviato test sperimentali per prevenire la diffusione del virus H5N1 nei bovini e nel latte crudo
In risposta alla diffusione del virus dell’influenza aviaria ad alta patogenicità (H5N1 HPAI) negli allevamenti statunitensi, gli Istituti Zooprofilattici Sperimentali delle Venezie (IzsVe) e della Lombardia ed Emilia-Romagna (Izsler) hanno avviato una serie di test sperimentali su bovini e latte crudo. Questi test, condotti in accordo con il Ministero della Salute, puntano a produrre dati scientifici per valutare i rischi e diagnosticare con precisione eventuali casi di infezione in Italia. Finora, oltre 3.200 bovini delle province di Verona, Vicenza e Padova sono risultati negativi, e gli studi sul latte crudo indicano che la pastorizzazione è efficace nell’inattivare il virus.
Indagine sierologica
Nelle ultime settimane il Centro di referenza nazionale per l’Influenza aviaria (CRN-IA) dell’IzsVe ha messo a punto test virologici e sierologici per la corretta diagnosi di infezione da virus H5N1 HPAI nei bovini. Attualmente, il CRN-IA sta eseguendo un’indagine sierologica per verificare se anche nei territori italiani – in particolare laddove nelle precedenti stagioni si sono concentrati i focolai di influenza aviaria nel pollame e nei volatili selvatici – vi sia stata un’esposizione dei bovini da latte al virus H5N1 HPAI, mediante la ricerca di anticorpi specifici nel loro sangue. Ad oggi, sono stati esaminati oltre 3.200 bovini delle province di Verona, Vicenza e Padova, tutti con esito negativo.
Analisi latte crudo
Le analisi condotte negli Stati Uniti hanno evidenziato che l’infezione dei bovini da latte determina la presenza del virus nel latte prodotto durante l’infezione. Per prevenire la trasmissione del virus all’uomo, le autorità statunitensi hanno disposto che il latte e tutti i derivati provenienti dagli allevamenti infetti siano sottoposti a pastorizzazione. Questa misura di trattamento termico del latte è considerata idonea a rendere non attivo il virus infettante eventualmente presente.
In Italia si producono formaggi anche a partire da latte non pastorizzato, tra cui i formaggi a latte crudo stagionati, di grande rilevanza nel panorama agroalimentare nazionale e internazionale. Il loro processo produttivo prevede una serie di passaggi che, sulla scorta di numerosi studi condotti in precedenza su altri microrganismi, appaiono idonei a eliminare l’infettività del virus qualora anche allevamenti da latte italiani dovessero infettarsi.
Queste fasi con potere inattivante sono la scrematura iniziale del latte, la coagulazione, la cottura e la giacenza sotto siero della cagliata, la salagione del formaggio e la sua stagionatura per molti mesi o persino anni.
Per fornire evidenze scientifiche dell’effettiva capacità di ridurre adeguatamente il rischio infettante, l’Izsler sta conducendo test per misurare l’abbattimento del virus nel processo di produzione dei formaggi a latte crudo stagionati. I risultati preliminari indicano già che con la sola componente termica del processo si ottiene un deciso abbattimento della carica virale nel latte.
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