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28 Febbraio 2024

Influenza aviaria. Confermati i primi casi in Antartide continentale

È stato confermato che alcuni uccelli morti in Antartide erano infettati dal virus H5N1, con almeno un caso di influenza aviaria ad alta patogenicità. Il virus ha ormai raggiunto l’Antartide nonostante la distanza e le barriere naturali che lo separano dagli altri continenti. Si teme ora un disastro ecologico

di Redazione Vet33


Influenza aviaria. Confermati i primi casi in Antartide continentale

Venerdì 23 febbraio, i ricercatori del Centro di Biologia molecolare Severo Ochoa di Madrid, parte del Consiglio superiore per la ricerca scientifica (Csic), hanno confermato per la prima volta la presenza in Antartide del virus H5N1, a partire dalle analisi effettuate su due uccelli stercorari trovati morti vicino alla base di Capo Primavera, la stazione di ricerca argentina che si trova nella Penisola antartica.


La scoperta
Si tratta dei primi casi confermati nel continente antartico, fatto che dimostra come il virus dell’influenza aviaria si stia diffondendo nella regione attraverso gli uccelli migratori.
Il virus, infatti, è stato rilevato in due uccelli stercorari maggiori (Stercorarius skua), trovati morti dagli scienziati argentini nei pressi della propria base. Dagli animali sono stati prelevati dei campioni, i ricercatori hanno inattivato i virus presenti al loro interno e inviato il materiale da analizzare alla base spagnola Gabriel de Castilla, sull’isola Deception, dove sono intervenuti i ricercatori del Csic Ángela Vázquez e Antonio Alcamí. Qui, le analisi hanno dimostrato che gli uccelli erano stati infettati dal sottotipo H5 dell’influenza aviaria e che almeno uno dei due esemplari presentava il virus dell’influenza aviaria altamente patogeno.

“Questa scoperta dimostra per la prima volta che il virus dell’influenza aviaria altamente patogeno ha raggiunto l’Antartide, nonostante la distanza e le barriere naturali che lo separano dagli altri continenti” si legge in un comunicato del governo spagnolo.

Inoltre, stando ai dati del Comitato scientifico per la ricerca antartica, sono stati segnalati ulteriori casi sospetti nello stercorario bruno, nello stercorario polare meridionale e nel gabbiano del Kelp a Hope Bay, sempre nella penisola antartica.

La diffusione del virus
L’influenza aviaria aveva già raggiunto la regione antartica nell’ottobre scorso, quando è stata segnalata nelle isole sub-antartiche. Il virus, infatti, è stato rilevato per la prima volta nel territorio britannico d’oltremare della Georgia del Sud e delle Isole Sandwich Meridionali, a circa 1.600 chilometri di distanza dal continente antartico.
Inizialmente è stato segnalato in gabbiani, stercorari e sterne; quindi, è stato trovato anche negli albatros, nei pinguini e nei fulmari meridionali. Inoltre, nelle settimane seguenti si è diffuso tra i mammiferi antartici, con la morte in massa di elefanti marini e foche; a dicembre è stata confermata anche la morte di un orso polare per H5N1.

“Ci sono molte segnalazioni di influenza aviaria ad alta patogenicità (HPAI) che colpisce diverse specie nelle regioni antartiche in questa stagione” ha dichiarato Matthew Dryden della UK Health Security Agency. “Potrebbe non essere stato segnalato sulla terraferma antartica fino ad ora a causa delle difficoltà di accesso e campionamento della fauna selvatica”.

“Il problema è quanto tempo ci vorrà prima che si trasmetta ad altre specie. Dobbiamo monitorarlo” ha commentato Antonio Alcamí, il ricercatore che ha testato i campioni infetti. “Temo che probabilmente si trasmetterà ai pinguini. Gli stercorari vivono abbastanza vicini e quindi ci sono molte opportunità di trasmissione, ma vedremo”.

I precedenti
Negli anni passati, ci sono state epidemie in Sud Africa, Cile e Argentina che hanno dimostrato quanto i pinguini siano particolarmente sensibili al virus. Da quando l’H5N1 è arrivato in Sud America, oltre 500.000 uccelli marini sono morti per la malattia, che ha colpito anche pinguini, pellicani e sule. Lo scorso novembre, i ricercatori hanno presentato un documento allertando del pericolo: “Se il virus iniziasse a causare eventi di mortalità di massa nelle colonie di pinguini, potrebbe verificarsi uno dei più grandi disastri ecologici dei tempi moderni”.
Diana Bell, professoressa emerita di biologia della conservazione presso l’Università dell’East Anglia, ha affermato che la notizia “purtroppo non è sorprendente, data la presenza precedentemente segnalata sulle isole antartiche in uccelli ed elefanti marini. Sembra improbabile che i pinguini non vengano infettati”.
“La biosicurezza – ha aggiunto – è importante affinché gli esseri umani non siano esposti al virus. L’HPAI può raramente infettare gli esseri umani ma è necessario un contatto stretto e prolungato”.
Un altro rapporto, pubblicato a dicembre e stilato da scienziati dell’Organizzazione mondiale della sanità animale (Woah) e dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), è arrivato alle stesse conclusioni: in Antartide, gli effetti negativi dell’H5N1 potrebbero essere “immensi” poiché sia le foche che gli uccelli della regione vivono in colonie di migliaia o centinaia di migliaia di individui, e dunque in gruppi particolarmente esposti alla diffusione di una malattia contagiosa. 

CITATI: ÁNGELA VáZQUEZ, ANTONIO ALCAMí, DIANA BELL, MATTHEW DRYDEN
TAG: ANTARTIDE, CSIC, FAO, H5N1, HPAI, INFLUENZA AVIARIA, INFLUENZA AVIARIA HPAI, STERCORARI ANTARTICI, WOAH

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